Pagellone Napoli, la top 4 (+1) dei Guardiani della Galassia: la Luna di Kvara e il sadismo di Osimhen

I voti ai migliori della stagione. Kim odia gli spazi vuoti, Lobotka grunge come i Nirvana
Pagellone Napoli, la top 4 (+1) dei Guardiani della Galassia: la Luna di Kvara e il sadismo di Osimhen

I cinque migliori. Eh, compito difficile in un’annata in cui tutto (o quasi) è andato per il verso giusto. In cui tutti (o quasi) si sono espressi oltre le più rosee aspettative. C’è un re della stagione, e va bene: si sa chi è. Gli altri sono quelli che hanno contribuito per numeri, impatto e anche per carisma su un’annata che in parecchi, non solo a Napoli, si ricorderanno per un bel po’ di tempo.

Kvaratskhelia, sua maestà MVP: voto 10

La scelta del migliore in assoluto è semplice come l’apparenza (ma solo l’apparenza) dei suoi dribbling. La sua favola merita di essere raccontata da Disney: c’era una volta un Insigne che se ne va lasciando scoperta la fascia sinistra e abbassando mostruosamente il livello di fantasia e imprevedibilità dell’attacco. Arriva un georgiano di cui si dice un gran bene e che in nazionale ha brillato, ma che proviene direttamente dalla non prestigiosissima Dinamo Batumi. Tutte queste certezze non le offre. Giuntoli ci crede a occhi chiusi, Spalletti gli occhi se li stropiccia ai primi allenamenti. E i tifosi? Non hanno il tempo di farsi domande: Kvara ci mette 37 minuti per segnare il primo gol ufficiale. Trentasette minuti. C’è chi in 37 minuti non riesce neanche a lavarsi: lui tanto ci ha messo ad adattarsi in un campionato che ha fatto vittime eccellenti tra presunti campioni del passato, che in Italia non sono riusciti a mostrare un brandello del loro talento.

Trentasette minuti. Di testa. Non la specialità della casa, ma tanto per avvertire il mondo che ancora lo snobbava: “Posso segnare in ogni modo”. E lo farà, eccome se lo farà.

Kvara fa diventare semplici le cose difficili. Se gli chiedessi di portarti la Luna, probabile lui si presenterebbe a casa tua con il satellite nel bicchiere scusandosi per i due minuti di ritardo. Segna e fa segnare: questo dicono i numeri. Ma i tifosi sanno che i numeri sono uno specchio distorto dei sentimenti. Quello che cattura, oltre a gol e assist, è la presenza costante di Kvara nelle partite, anche quelle (poche) peggiori: ringhia come un terzino, dribbla come un’ala brasiliana, davanti alla porta ha la freddezza di un iceberg. Anche quando incontra clienti scomodi, che riescono a limitarlo, lui comunque 3-4 volte sgasa e se ne va. Quando gli allenatori avversari finalmente capiscono che un difensore contro basta giusto per farlo divertire e gli piazzano due raddoppi, lui trova il modo di fregarli. Chi lo affronta non si dimenticherà mai più il suo nome, anche se è difficile: sono più le volte che gli avversari guardano la sua schiena andare via che quelle in cui riescono a guardarlo in faccia.

Kvara è stato miccia e accelerante dell’esplosione di gioia che sta tramortendo i sensi di questa città, infusa di un senso di fratellanza totale con la squadra, di cui il georgiano è il leader tecnico e non solo. Questo Scudetto è di tutti, ma quando l’anno prossimo il Napoli lo cucirà sulle maglie, nella parte più a contatto con il petto dovrebbe esserci scritto il suo nome: Kvaratskhelia.

Osimhen, l’eroe mascherato: voto 9,5

Il Napoli ha vinto anche senza di lui: vero. Con uno come Kvara vicino, forse (forse…) pure Michu segnerebbe qualche gol: vero. Ma è vera anche un’altra cosa: quando lo vedono,  gli avversari, se l’hanno persa, recuperano la fede, perché l’unico modo di fermarlo a volte è sperare in qualche essere superiore che decida di mettersi gli scarpini ed entrare in gioco. Victor è un illusionista del calcio: tu provi a fermarlo col fisico e lui ti va via di agilità. Provi a fermarlo con la velocità e sfrutta la sua fisicità dirompente. Provi a fermarlo nello stretto e lui va via in progressione. Così diventa immarcabile. Guarda i difensori nelle caratteristiche e negli occhi e va a sfruttare le loro debolezze. Per i tifosi del Napoli è un eroe, per tutti gli altri è un sadico.

La maschera ha aggiunto pathos alla sua figura. Anche se sotto si può vedere quel sorriso perenne di chi ama quello che sta facendo. Victor, non sei quello che ama di più. Per sapere chi ama di più quello che stai facendo, prego contattare TUTTA NAPOLI. ORA.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Kim, divieto di passaggio: voto 9

Chissà come farà questo Kim a non far rimpiangere Koulib… Spoiler per gli analisti dell’estate 2022: Koulibaly chi?

Kim è stato quella pedina che, se sbagliata, avrebbe fatto cascare probabilmente il castello perfetto costruito da Giuntoli. Invece Giuntoli ha preso un personaggio tolkeniano: un Gandalf giovane che ad ogni partita sembra urlare a tutti: “TU… NON PUOI… PASSARE!”. Guida la difesa con il piglio di chi non ci dorme la notte se uno lo supera. Migliora anche i compagni di reparto, che si sentono tranquilli ad avere quell’amuleto scacciaguai vicino. In più segna. In più ogni tanto sgroppa anche sulla fascia, tanto per sgranchirsi le gambe.

C’è una costante negli attaccanti che lo affrontano, un minimo comune denominatore, che appare più o meno al 70’ (a volte anche prima) delle partite: si tengono più a distanza, sguardo basso e braccia lungo i fianchi. È la prossemica della sconfitta: Kim ti ammazza a livello psicologico e fisico. Non ti lascia un secondo e ti sta sempre appiccicato. Pare che alcune mogli degli attaccanti abbiano avuto crisi di gelosia durante le partite.

La sua capacità di tenere alta la linea di difesa è stata una delle chiavi dell’aggressività e dell’intensità feroce del Napoli. Accorcia il campo con la naturalezza di un architetto navigato. Odia gli spazi vuoti come se fosse un interior designer. Facile capire cosa ama: i muri. Sarà che Il Muro li sente di famiglia… È un Guardiano della Galassia.

Un filosofo una volta scrisse: “L’uomo è ciò che mangia”. Lui mangia attaccanti. Giuntoli deve essersi basato su questo.

Lobotka, l’occhio del ciclone: voto 9

Datemi una leva e vi solleverò il mondo. Ecco, lui è la leva. È il fulcro del gioco del Napoli. Trottolino poco amoroso (per gli avversari). Rincorre tutto e tutti. Ama la verticalità manco fosse uno scalatore con davanti l’Everest. Un meccanico super qualificato che quando qualche ingranaggio non gira è pronto a metterci una pezza. Se il Maradona è il dodicesimo uomo in campo, Lobotka è il tredicesimo: il Napoli con lui gioca con uno in più. Appare e scompare, per poi riapparire dalla parte opposta. Senza teletrasporto. Con Anguissa forma una di quelle coppie che si ricorderanno per molto tempo. Sono Starsky e Hutch che pattugliano le strade affollate del centrocampo (e non solo), imprigionando i cattivi. Armi letali e Bad Boys del rettangolo verde.

Il suo miglioramento quest’anno fa spavento. La Master Class di Spalletti lo ha reso uno dei centrocampisti più completi del mondo. Era pop, ora è grunge come un pezzo dei Nirvana: graffiante e imprescindibile (senza Apologies).

Spalletti, la rivincita del modellatore: voto 10

Nessuno si è mai azzardato a non riconoscere le sue qualità tattiche. Ma è anche spesso ricordato con deridente faciloneria per le galline del Cioni, per le testate al tavolo in conferenza, per gli sbrocchi a San Pietroburgo e, molto più prosaicamente, per essere sempre arrivato ad un passo da vittorie importanti senza mai effettivamente raggiungerle. Ecco, prendetelo in giro ora. Forza. Questa macchina perfetta che è il Napoli è la sua grande rivincita. È la parabola di chi ha saputo rialzarsi anche dopo che la sua carriera sembrava in flessione. Con un colpo di reni spazza via i sorrisi scettici: gli unici sorrisi (per niente scettici) ora sono quelli suoi, dei suoi giocatori e dei tifosi del Napoli.

In questa squadra c’è tutto quello che è e che ha saputo imparare negli anni, rimanendo se stesso. Ha riattivato alcuni giocatori, ne ha esaltati altri. Nessuno è andato sotto le proprie potenzialità. Il risultato è stato, oggi si può ammetterlo, che la Lega poteva pure stoppare il campionato qualche mese fa e assegnare rassegnata lo scudetto per manifesta superiorità.

Ha tolto le paure e un po’ di sindrome di inferiorità dell’ambiente nei confronti delle big storiche del campionato, quest’anno costantemente messe sotto, per poi diventare sempre più impaurite nell’affrontare questa squadra in grado di travolgerti.

La sensazione è che quest’anno non diventerà presto un “C’era una volta”, non sarà un ricordo a cui aggrapparsi per la delusione di un presente improvvisamente gonfio di delusione. Anzi, è il bellissimo frontespizio di una grande opera in divenire. Le pagine sono bianche, ma ora non è ancora il momento di rimettersi a scrivere. Ora si gode.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

I cinque migliori. Eh, compito difficile in un’annata in cui tutto (o quasi) è andato per il verso giusto. In cui tutti (o quasi) si sono espressi oltre le più rosee aspettative. C’è un re della stagione, e va bene: si sa chi è. Gli altri sono quelli che hanno contribuito per numeri, impatto e anche per carisma su un’annata che in parecchi, non solo a Napoli, si ricorderanno per un bel po’ di tempo.

Kvaratskhelia, sua maestà MVP: voto 10

La scelta del migliore in assoluto è semplice come l’apparenza (ma solo l’apparenza) dei suoi dribbling. La sua favola merita di essere raccontata da Disney: c’era una volta un Insigne che se ne va lasciando scoperta la fascia sinistra e abbassando mostruosamente il livello di fantasia e imprevedibilità dell’attacco. Arriva un georgiano di cui si dice un gran bene e che in nazionale ha brillato, ma che proviene direttamente dalla non prestigiosissima Dinamo Batumi. Tutte queste certezze non le offre. Giuntoli ci crede a occhi chiusi, Spalletti gli occhi se li stropiccia ai primi allenamenti. E i tifosi? Non hanno il tempo di farsi domande: Kvara ci mette 37 minuti per segnare il primo gol ufficiale. Trentasette minuti. C’è chi in 37 minuti non riesce neanche a lavarsi: lui tanto ci ha messo ad adattarsi in un campionato che ha fatto vittime eccellenti tra presunti campioni del passato, che in Italia non sono riusciti a mostrare un brandello del loro talento.

Trentasette minuti. Di testa. Non la specialità della casa, ma tanto per avvertire il mondo che ancora lo snobbava: “Posso segnare in ogni modo”. E lo farà, eccome se lo farà.

Kvara fa diventare semplici le cose difficili. Se gli chiedessi di portarti la Luna, probabile lui si presenterebbe a casa tua con il satellite nel bicchiere scusandosi per i due minuti di ritardo. Segna e fa segnare: questo dicono i numeri. Ma i tifosi sanno che i numeri sono uno specchio distorto dei sentimenti. Quello che cattura, oltre a gol e assist, è la presenza costante di Kvara nelle partite, anche quelle (poche) peggiori: ringhia come un terzino, dribbla come un’ala brasiliana, davanti alla porta ha la freddezza di un iceberg. Anche quando incontra clienti scomodi, che riescono a limitarlo, lui comunque 3-4 volte sgasa e se ne va. Quando gli allenatori avversari finalmente capiscono che un difensore contro basta giusto per farlo divertire e gli piazzano due raddoppi, lui trova il modo di fregarli. Chi lo affronta non si dimenticherà mai più il suo nome, anche se è difficile: sono più le volte che gli avversari guardano la sua schiena andare via che quelle in cui riescono a guardarlo in faccia.

Kvara è stato miccia e accelerante dell’esplosione di gioia che sta tramortendo i sensi di questa città, infusa di un senso di fratellanza totale con la squadra, di cui il georgiano è il leader tecnico e non solo. Questo Scudetto è di tutti, ma quando l’anno prossimo il Napoli lo cucirà sulle maglie, nella parte più a contatto con il petto dovrebbe esserci scritto il suo nome: Kvaratskhelia.

Osimhen, l’eroe mascherato: voto 9,5

Il Napoli ha vinto anche senza di lui: vero. Con uno come Kvara vicino, forse (forse…) pure Michu segnerebbe qualche gol: vero. Ma è vera anche un’altra cosa: quando lo vedono,  gli avversari, se l’hanno persa, recuperano la fede, perché l’unico modo di fermarlo a volte è sperare in qualche essere superiore che decida di mettersi gli scarpini ed entrare in gioco. Victor è un illusionista del calcio: tu provi a fermarlo col fisico e lui ti va via di agilità. Provi a fermarlo con la velocità e sfrutta la sua fisicità dirompente. Provi a fermarlo nello stretto e lui va via in progressione. Così diventa immarcabile. Guarda i difensori nelle caratteristiche e negli occhi e va a sfruttare le loro debolezze. Per i tifosi del Napoli è un eroe, per tutti gli altri è un sadico.

La maschera ha aggiunto pathos alla sua figura. Anche se sotto si può vedere quel sorriso perenne di chi ama quello che sta facendo. Victor, non sei quello che ama di più. Per sapere chi ama di più quello che stai facendo, prego contattare TUTTA NAPOLI. ORA.


© RIPRODUZIONE RISERVATA
1
Pagellone Napoli, la top 4 (+1) dei Guardiani della Galassia: la Luna di Kvara e il sadismo di Osimhen
2
Kim, divieto di passaggio: voto 9