Il capolavoro di Giuntoli: Osimhen, Kvara e Kim i colpi scudetto

La competenza di un direttore sportivo in grado di spostare gli equilibri
Il capolavoro di Giuntoli: Osimhen, Kvara e Kim i colpi scudetto© LAPRESSE
Davide Palliggiano
4 min

Era un pomeriggio romano, quello in cui è incominciata la rivoluzione. La data è l’8 giugno 2015, l’indirizzo via XXIV maggio, a pochi metri dal Quirinale. Lì dove ci sono gli uffici della Filmauro si presenta un taxi che arriva da Roma Termini con a bordo un signore dai capelli mossi e gli occhiali, giacca blu e jeans. Sbaglia l’ingresso, il guardiano dello stabile gli indica la porta giusta. Da quel momento, difficilmente si sarebbe sbagliato di nuovo.

Il Napoli stava cambiando faccia: via l’allenatore Benitez, attratto dalle sirene del Real Madrid, via il direttore sportivo Bigon, che aveva voglia di tornare al Nord e avvicinarsi a casa. Dentro due che il calcio l’avevano fatto a livelli meno prestigiosi, ma che nella nobiltà ci sarebbero entrati da lì a poco. Quel signore era Cristiano Giuntoli, che arrivava dal Carpi dei miracoli, l’altro era Maurizio Sarri, che con l’Empoli aveva stregato tutti, De Laurentiis compreso. L’ultimo se n’è andato dopo 3 stagioni, il primo è rimasto e ha preso sempre più possesso del Napoli negli anni.

Giuntoli, dagli esordi silenziosi al presente roboante

All’inizio non si conosceva nemmeno la sua voce, niente interviste, niente dichiarazioni, solo lavoro. Ora è il primo riferimento per tutti, a cominciare dai giocatori. Giuntoli è l’uomo delle alternative credibili, perché quando un giocatore è andato via, il suo rimpiazzo difficilmente ha deluso, ma quest’anno si è addirittura superato. Dentro Kvaratskhelia al posto di Insigne, preso Kim per il partente Koulibaly, solo per citare i più eclatanti. Ha dimostrato che si può fare mercato con meno soldi rispetto alle big europee, ma anche con le idee. Ha sistemato bilanci, senza strapagare calciatori. Un lavoro di squadra insieme all’ad Chiavelli e al presidente De Laurentiis che ha reso il Napoli un club virtuoso, sostenibile, dal futuro senza preoccupazioni.

Vincere era diventato il mantra di un popolo che sognava da 33 anni lo scudetto, ma che allo stesso tempo mai e poi mai avrebbe voluto rivivere gli anni, tremendi, tra la Serie B e la Serie C o ancor peggio il rischio fallimento. Un lavoro di pazienza contro la logica del tutto e subito scontrandosi con chi aveva fretta. Il monte stipendi ridotto di un anno del 35%, la progettualità che paga dopo anni di sacrifici, di piazzamenti nelle coppe europee, di sogni infranti sul più bello. Uno Scudetto, diciamocelo pure, sulla carta inaspettato, ma strameritato. Cosa che più bella non ci può essere. Talmente progettato che anche la festa ha perso quel tocco di istintività. Colpa di Giuntoli, il vertice di un sistema piramidale che vede subito sotto il vice, Giuseppe Pompilio, il responsabile dell’area scouting Maurizio Micheli e i suoi collaboratori Leonardo Mantovani e Nicolò de Cobelli. Se il Napoli è campione d’Italia, è merito anche di tutti i protagonisti del 'Metodo Giuntoli’, un modello che il direttore sportivo insegna da 7 anni a Coverciano. Trucchi e segreti da studiare, ma non le intuizioni. Per quelle ci vuole un talento speciale, il talento di Mr Giuntoli.


© RIPRODUZIONE RISERVATA