Napoli a carte scoperte

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Napoli a carte scoperte© ANSA
Alessandro Barbano
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Da sette a nove punti nelle prossime tre partite con l’Atalanta a Bergamo, con l’Inter al Maradona e con la Juve all’Allianz, con il Real di mezzo. È la condizione per tornare in gioco per lo scudetto. Vuol dire almeno due vittorie e un pareggio, e se proprio il pareggio deve arrivare, è meglio che arrivi con Gasperini. Un successo contro le due squadre di vertice rimetterebbe il Napoli in corsa in campionato. Non solo perché rosicchierebbe a Inzaghi e Allegri almeno tre dei dieci e otto punti di distacco che dividono gli azzurri dalle rivali, ma perché sul piano simbolico vorrebbe dire ribaltare la subalternità in dominio. Fin qui il Napoli ha vinto solo con le piccole e perso quasi tutto ciò che c’era da perdere con le grandi, se si eccettua il pari con il Milan. Il trittico di gare decisive che inizia domani è insieme un grande ostacolo e un’occasione rivelatrice: consente di capire subito se la rivoluzione tecnica può rimettere la squadra di Mazzarri al posto di quella di Spalletti o solo salvare il salvabile. È la prima risposta che il nuovo allenatore è chiamato a dare al club e ai tifosi. Vuol dire che queste tre gare scriveranno il copione della stagione che resta e, conseguentemente, anche il rapporto dei giocatori più importanti con la maglia azzurra. Se il Napoli esce dalla lotta scudetto le sirene del mercato inizieranno a cantare la loro seducente melodia. E quel che resta rischia di essere un mesto vivacchiare in attesa che la transizione in atto produca un nuovo ribaltone. Se mi è concessa un’esagerazione, intendo dire che il futuro della nuova panchina potrebbe giocarsi nelle prossime tre gare. Non è ammesso rodaggio, e neanche una lenta carburazione. Il motore del Napoli dovrà girare da subito al massimo.

Perché questo accada devono coesistere alcune condizioni. La prima è che Osimhen e Kvara tornino a sentirsi felici di riprendersi la scena, ricominciando a segnare, a dialogare di più e meglio con il resto della squadra, a sostenere il peso della leadership senza fatica. Qui Mazzarri dovrà fare soprattutto un lavoro di testa, accompagnato da una strategia contrattuale del club capace di stabilizzare le ambizioni dei due gioielli azzurri. La seconda condizione è che Natan e Rrahmani trovino intesa e automatismi fin qui mancati, capaci di rafforzare la copertura difensiva e di liberare Lobotka dalla supplenza a cui è stato chiamato troppe volte, con un danno in fase di costruzione. Questo pare sul breve – in attesa della riapertura del mercato – il compito più difficile di Mazzarri. Per far fronte a questa debolezza è necessario accorciare la squadra. Ma l’obiettivo coincide con la terza condizione: ritrovare la velocità nel palleggio e nel possesso palla, attraverso scambi e sovrapposizioni, e soprattutto tornare a fare un pressing simultaneo è coordinato sulla trequarti avversaria. Qui si tratta di riaccendere il fuoco spallettiano dentro l’undici azzurro. Con la tattica e l’agonismo, ma anche e soprattutto con uno scatto del carattere. Bisogna tornare a convincere gli azzurri che, sia pur con i limiti qui denunciati, restano per qualità più forti della Juve e almeno alla pari dell’Inter. Questa consapevolezza non è iattanza, ma umiltà. L’unica segreta virtù che può scatenare una rimonta. Le tre condizioni insieme sono improbabili ma non irraggiungibili. Ma Mazzarri sa bene di essere stato chiamato a un’impresa estrema.


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