ROMA - E' il 1950 e il mercato di San Lorenzo ha appena chiuso. Bambini che spuntano da ogni vicolo. Ce n'è uno con la palla sotto braccio. La piazza è stata ripulita, si fanno le squadre e si parte: «Ore e ore a giocare - racconta oggi Alberto Ginulfi, ex portiere della Roma - finché c'era il sole andavamo avanti. Io prima lavoravo al banco del pesce, poi giocavo con gli altri». Ruolo preferito? Tra i pali:

Come quando il padre lo portava in curva sud da piccolo: «Avevo 6 o 7 anni la prima volta. Una sensazione bellissima». Ma mica è un romanista qualsiasi: «Io sono malato per la Roma, so qualsiasi cosa. Fin da piccolo leggevo tutto ciò riguardasse la squadra giallorossa». Poi la prima squadra da terzo portiere, dietro a Cudicini e Pizzaballa: «Fabio mi ha insegnato molto, è un amico. Mi ricordo come ci rimase male quando eravamo in tournée in Australia e gli arrivò la notizia della cessione al Brescia». Una vita in giallorosso Ginulfi, che per rimanere a Roma ha rifiutato anche la Juventus: «Ho lasciato un buon ricordo, mi fermano per strada e mi dicono: "Ci fossi ancora te...". Oggi è un'altra Roma, noi non eravamo forti come questa». Per anni ha fatto il terzo, è vero, ma in quanti possono mettere nel curriculum un rigore parato a Pelé?
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