«Mi colpisce di più la natura dello scacco. La trama della tela. Più che l’identità dell’eventuale Ragno. Di sicuro, l’impossibilità di sciogliere il nodo Totti ha determinato a Trigoria una notevole perdita di lucidità, a seguire la gran parte dei problemi che oggi intossicano società, squadra e ambiente. Chiedersi, a proposito, e possibilmente rispondersi: perché questa smania di fuga che, puntualmente, colpisce la gente in transito a Trigoria? Qualcuno dice: non si tratta d’impossibilità, ma d’incapacità. E forse di viltà. La dirigenza romanista non sarebbe stata capace d’imporre la sua volontà, nel momento in cui si è resa conto di quanto il giocatore fosse diventato un ostacolo alla crescita della squadra, al suo diritto/dovere di immaginarsi di là dell’ingombrante totem. Facile a dirsi. Complicato a farlo. Nel mondo intero, Totti è la Roma. Più della Roma. A Singapore come a Honolulu non c’è Roma senza Totti. Possiamo dirlo, il marchio Totti prevale sul marchio Roma. Il grosso guaio a Trigoria è che Francesco ha sposato la causa Totti e non la causa Roma. Il guaio a Trigoria è l’equivoco che Totti sia la Roma. Ma il guaio più guaio di tutti è che Totti, calciatore sovrannaturale, non è in quanto Francesco all’altezza del mito che incarna. O almeno, lo è, alla grande, ma solo nei suoi riflessi di marketing applicato».