De Rossi: «Dispiace per l'addio, avrei potuto dare tanto. Non so dove giocherò»

La conferenza d'addio del capitano giallorosso: «La società non mi ha chiamato nel corso della stagione. Mi dispiace, le distanze a volte creano incomprensioni»
De Rossi: «Dispiace per l'addio, avrei potuto dare tanto. Non so dove giocherò»
Jacopo Aliprandi
10 min

ROMA - Maledetto tempo. A distanza di due anni dall’addio di Totti, anche Daniele De Rossi lascerà la squadra giallorossa dopo ben diciotto anni di onorato servizio. A differenza del suo predecessore, il centrocampista continuerà a giocare per chiudere al momento giusto e ai suoi tempi la sua straordinaria carriera. «Ieri mi sono ritrovato con Daniele e gli ho comunicato a nome della società la decisione di non rinnovare il contratto da giocatore per il prossimo anno - le parole dell'amministratore delegato Fienga -. Gli abbiamo proposto un ruolo da dirigente e lui sceglierà. Rispettiamo le sue scelte cosi come lui ha rispettato le nostre».

Spazio poi alle parole di Daniele De Rossi, il protagonista della sua ultima conferenza stampa da giocatore della Roma. Nella sala Champions di Trigoria presente tutta la squadra con una maglia speciale: De Rossi sulle spalle, e il simbolo dell'infinito al posto del consueto numero 16. Un addio alla Roma per volontà del club giallorosso che in questa stagione non ha mai contattato il capitano per parlare del futuro: «Il fatto che non mi sarebbe stato rinnovato il contratto mi è stato comunicato ieri, ma ho 36 anni e non sono scemo - le parole di De Rossi -. Ho vissuto nel mondo del calcio: se nessuno ti chiama per ipotizzare il contratto la direzione è quella. Non c’è stato un colloquio, ne avevo parlato un paio di volte con Monchi e mi aveva rassicurato. Io la sensazione ce l’ho sempre avuta. L’ultima volta ho firmato due anni di contratto il giorno dopo che ha smesso Francesco. Io ho sempre parlato poco perché non c’era niente da dire e non volevo creare rumore che potesse distrarre la squadra e tutti quanti. Io ringrazio Guido (Fienga, ndr) per l’offerta e per come mi ha trattato in questi mesi. Voglio ringraziare anche Massara. C’è grande stima reciproca e la sensazione era che potevamo andare avanti da calciatore. Si decidono globalmente, la società è divisa in più parti. Vanno accettate perché io da Roma non posso uscire diversamente da così. Non ho cercato altre squadre, fino a Genova ero convinto della Champions e non volevo distrarre qualcuno. Mi sono arrivati 500 messaggi, non ho visto se ci sono offerte (ride, ndr). Mi sento ancora calciatore ed ho voglia di continuare, mi farei un torto se smettessi ora».

Addio alla Roma, con un po' di rammarico per come è arrivato: «C’è una società che deve decidere se puoi o non puoi giocare. Possiamo discutere 10 ore sul fatto che secondo me sarei potuto essere importante per la squadra, anche facendo 5-10-20 presenze non lo so, o nello spogliatoio perché penso di essere importante per loro. La decisione però la deve prendere la società, qualcuno un punto deve metterlo. Il mio rammarico non è quello ma il fatto che ci siamo parlati poco quest’anno, le modalità, un pochino mi è dispiaciuto. Le distanze a volte creano incomprensioni di questo genere e spero che la società migliori in questo perché sono un tifoso della Roma. La società decide chi gioca, l’allenatore decide chi vuole, non posso pretendere diversamente».

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Nessuna idea ancora su dove giocherà, De Rossi si prenderà del tempo per decidere in quale campionato e squadra sarà la prossima stagione: «Io il 27 maggio ho alle 15 un aereo e vado in vacanza. Ho bisogno di passare un po’ di tempo senza pensare a calcio, anche se poi dovrò trovare una squadra. Italia o estero? Non lo so, devo parlare a casa, con me stesso, col mio procuratore, troppa gente dovrò interpellare, vedremo».

Dopo la sua carriera da giocatore, De Rossi studierà per diventare allenatore: «Fare il dirigente non mi attira particolarmente, ma qui a Roma avrebbe un senso diverso anche se ancora si incide poco. Faccio fare il lavoro sporco a Francesco ed un giorno se cambierò idea lo raggiungerò. È vero che mi accoglierebbero a braccia aperte, ma mi piacerebbe fare un lavoro che vorrei fare. È un percorso lungo e devo studiare tanto per riuscire a realizzarlo».

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Il club giallorosso vorrebbe De Rossi come dirigente («Già lo è nello spogliatoio», le parole di Fienga), la replica del centrocampista è serena ma anche decisa: «Io voglio giocare, il distacco ci sta, un minimo di differenze di vedute ci sta. Non ho rancore nei confronti di nessuno, parlerò col presidente un giorno e con Franco Baldini, non ho problemi. Mi immaginavo zoppo con i cerotti e loro che mi chiedevano di continuare, non è andata così, ma devo accettarlo e vado avanti. Io bravo dirigente? Se fossi stato dall'altra parte ad un giocatore come me l’avrei rinnovato il contratto, potevo dare a livello tecnico, quando ho giocato ho fatto bene, nello spogliatoio risolvo problemi. Se fossi un bravo dirigente mi sarei rinnovato, lo metti in preventivo però, non puoi farci nulla».

Spazio poi ai sentimenti, e al rapporto tra De Rossi e i tifosi giallorossi: «Lo hanno dimostrato in tanti anni con gli episodi, più o meno positivi, di tenere realmente a me. Io ho fatto la stessa scelta, non li ho cambiati per qualche ipotetica coppa che poi quando vai via non sai mai se vincerai realmente. Ci sono stati tre o quattro anni in cui ho avuto l’opportunità di andare in squadre che si ipotizzava potessero vincere più della Roma, ci siamo scelti a vicenda ed oggi sarebbe un dramma se uno dei due avesse preferito fare altro, vincere di più piuttosto che rimanere a vita con questi coloro. Loro potrebbero dire “che ci facciamo con De Rossi, poteva venire Iniesta e vincevamo di più” (ride ndr). Lo stato attuale delle cose vede un grande amore, che penso continuerà sotto forme diverse. Non escludo che nei prossimi anni mi vedranno intrufolato con panino e birra in qualche settore ospiti a tifare i miei amici».

De Rossi primo tifoso della Roma, spera di vedere in futuro una squadra competitiva: «Un piccolo dispiacere che ho negli anni è che tante volte ho avuto la sensazione che la squadra diventasse molto forte, molto vicina a quelli che vincevano e poi un passo indietro. Sono leggi del mercato: alcuni possono permettersi una macchina ed altri macchine diverse. Non posso farne una colpa, non entro nei numeri, spero che la Roma con lo stadio possa diventare forte. Tanti giocatori sono andati via e dopo due messi mi hanno chiamato chiedendomi di tornare. La gente si abitua ad altri posto, ma qui si sta bene, è una piazza calda per fare calcio e bisognerebbe fare un passo in più. Non stiamo togliendo i giocatori dalle macerie, sono forti e c’è futuro. Si dovrà sbagliare il meno possibile». 


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