Quando Losi diventò "Core de Roma"

Sessant’anni fa, l’8 gennaio 1961, il suo gol da infortunato regalò la vittoria sulla Samp
Quando Losi diventò "Core de Roma"© Bartoletti
Massimo Grilli
4 min

ROMA - “Come credere nell’impossibile vittoria, nove contro undici? Ma questa Roma ha portato Testaccio all’Olimpico. E c’è la furia selvaggia nel tiro di Lojacono dal calcio d’angolo: la palla piomba al centro dell’area, e il piccolo Losi stringe ancora i denti, per l’ultima volta; si stacca da terra in un impeto di spasimo, la palla è sua, la scaraventa con la fronte nella rete, come un gigante di tennis con uno smash rabbioso. L’eroica partita della Roma è fi nita qui, con la prodezza del suo piccolo alfiere ferito”. Così il Corriere dello Sport del 9 gennaio 1961, a commento di una delle più clamorose partite nella storia giallorossa, e chi ha voglia di andare a cercare su You Tube i “riflessi filmati di quel Roma-Sampdoria 3-2 troverà tutta la gioia di Losi, che dopo il gol (uno dei due che segnò in A) salta su una gamba sola, la destra, perché da più di un’ora si era infortunato all’altra. In quel calcio in bianco e nero di sessant’anni fa, le sostituzioni non erano previste, e così i giallorossi di Foni, dopo aver già perso dopo 25 minuti il mediano Guarnacci per una distorsione al ginocchio sinistro, avevano dovuto prendere atto poco dopo anche dell’infortunio di Losi, uno stiramento all’adduttore della coscia sinistra, con il centromediano costretto, come si usava a quei tempi, a spostarsi all’ala sinistra, «pressoché inoperante», scrisse il nostro Giuseppe Melillo. Eppure quella Roma, trascinata dai 45.000 dell’Olimpico e da uno straordinario Schiaffino, trentacinque anni ma ancora capace di ricordare chi fosse quel campione che nel 1950 fece piangere il Brasile, riuscì nell’impresa. I giallorossi, in vantaggio dopo un minuto con Lojacono, si erano fatti sorpassare nel primo tempo dalle reti di Cucchiaroni e Brighenti. Nella ripresa, il miracolo: pareggio al 32’ di Manfredini e 3-2 definitivo di Losi al 35’, con quel gol che consacrò la leggenda di “Core de Roma”, soprannome coniato qualche giorno prima dal grande Walter Chiari, al momento di presentarlo durante il programma televisivo “L’oggetto misterioso” (“Ecco a voi Giacomo Losi, er Core de Roma”).

Bisnonno

Classe 1935, Losi si gode nella sua casa alla Balduina una serena vecchiaia da bisnonno. Era arrivato a Roma nel 1954, a 19 anni, e il passaggio da Soncino, alle porte di Cremona, alla Capitale non fu facile. Viveva in una pensione di via Quintino Sella da dove non usciva quasi mai. «Non sapevo neanche usare il telefono - confessò a Cesare Lanza - non avevo mai fatto un numero né risposto ad una telefonata». Debuttò in serie A il 20 marzo 1955, da terzino sinistro («ma il mio numero preferito è sempre stato il 5, come quello di Carlo Parola») cavandosela alla grande contro l’Inter, travolta 3-0. Difensore acrobatico e scattante (lo chiamavano Palletta), i suoi 168 centimetri sembravano tanti di più. Bravissimo nell’anticipo, non aveva paura di nulla. Da bambino, durante la guerra, aveva portato pane e munizioni ai partigiani, cosa volete che fosse per lui una mischia in area? Nel ‘59 diventò capitano, e vinse la Coppa delle Fiere del 1961 e la Coppa Italia del 1964 e 1969, il suo ultimo anno nella Capitale. Dopo 15 stagioni e 455 partite ufficiali in giallorosso (superato solo da Totti e De Rossi), la società lo liquidò con una lettera, consegnatagli dall’uscere della sede. Ma Roma non lo ha mai dimenticato, con un amore sempre corrisposto. «Quando sono arrivato, andavo alla stazione Termini a vedere partire i treni. Poi mi sono innamorato di questa città, e non l’ho più lasciata». 


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