Abraham e Smalling, gli inglesi felici giocano a Roma

Il bomber e il bunker: la coppia è stata decisiva contro i connazionali del Leicester. Sulle loro capacità Mourinho ha costruito il trionfo
Abraham e Smalling, gli inglesi felici giocano a Roma
Roberto Maida
4 min

ROMA - Il bunker e il bomber. Nella Roma che ha l’anima romanista, dalla fascia di Pellegrini allo Zalewski in fasce, sono stati due giocatori inglesi a smantellare le speranze inglesi: Tammy Abraham, l’edificatore, e Chris Smalling, il distruttore. Senza di loro, senza gente che conosce bene i ritmi della Premier League, oggi probabilmente le parole Tirana e Feyenoord non troverebbero posto nei nostri pensieri. 

Abraham come Voeller, la Roma nel destino

Abraham ha segnato il gol più importante di tutti. Gli è bastato sfidare in duello il piccolo Pereira per indirizzare in rete il pallone della felicità. C’era evidentemente il destino, in quella porta lato Curva Nord: 31 anni fa un altro numero 9 della Roma, Rudi Voeller, vi scagliò il tiro che valse l’ultima finale europea, la vecchia Coppa Uefa. Bene: il portiere del Brøndby era Peter Schmeichel, il padre di Kasper, oggi capitano battuto del Leicester. Pazzesco. Ma limitare la partita di Abraham a quel gesto tecnico, pure fondamentale per il risultato, sarebbe ingiusto. Tammy è stato, ed è spesso, un centravanti che gioca a tutto campo. Utilissimo anche nella fase difensiva, sia perché è il primo a chiamare il pressing sui costruttori avversari sia perché è un supporto prezioso sui calci piazzati. Contro il Leicester, guarda caso, ha incrociato anche la traiettoria più pericolosa della semifinale, respingendo l’unico tiro tentato da Jamie Vardy. Se doveva essere una sfida anche in prospettiva Mondiale, tra due nazionali inglesi, Abraham l’ha vinta in ogni specialità. Per questo Mourinho gli ha chiesto di resistere il più possibile, una volta recepita la richiesta di sostituzione per sfinimento: poteva capitare un’altra situazione in cui il suo fisico, il suo coraggio, avrebbero aiutato la Roma a respingere l’assedio del Leicester. Immaginate cosa sarebbe successo se Mourinho fosse stato obbligato a giocare il supplementare con Shomurodov

Smalling, il simbolo

Ma non poteva succedere. Non giovedì. Non all’Olimpico, circondato da una magia popolare che ha cancellato anche la tradizione negativa contro i club inglesi. Nelle precedenti due semifinali europee, in Champions nel 2018 e in Europa League nel 2021, la corsa e i sogni si erano interrotti davanti ad avversari più forti, prima il Liverpool e poi il Manchester United. In questo caso la Roma è stata superiore perché ha saputo portare tutto dalla sua parte. In campo e fuori. Con il contributo insostituibile di un difensore mai troppo rimpianto lo scorso anno: Chris Smalling, divorato da infortuni e insicurezze, giocò in condizioni pessime la semifinale contro lo United, la squadra del suo passato. E la Roma di Fonseca affondò a Old Trafford con un secondo tempo imbarazzante, finito 5-0 per gli inglesi. E’ fortemente simbolico che sia stato Smalling a sorreggere la difesa contro il Leicester, dopo un semestre nel quale finalmente i guai, leggi anti-Covid incluse, hanno smesso di cercarlo. La sua sola presenza, tra respinte aeree e terrestri, è stata un deterrente per le offensive rivali. Mourinho spera che la sua solidità funzioni anche il 25 maggio a Tirana: insieme i due hanno già vinto una finale, nel 2017 a Stoccolma, con il decisivo aiuto di Mkhitaryan, recupero atteso per l’ultimo atto. E dall’altra parte c’era sempre una squadra olandese.


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