Roma, ora basta inchini alle big

Roma, ora basta inchini alle big© AS Roma via Getty Images
Ugo Trani
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A Milano per debellare il virus. Sì, l’Inter è la nuova chance per la Roma che, in campionato e in assoluto in Italia, non riesce ancora a essere grande contro le grandi. Nemmeno lo sbarco di Mourinho a Trigoria è servito, per ora, a invertire il trend. Quando la squadra giallorossa affronta una big, per un motivo o per un altro, si comporta da provinciale e si inchina. Casualità, qualche errore arbitrale o del Var, un’ingenuità o una disattenzione di troppo, addirittura un rigore calciato male: José ha già preso atto dell’intero campionario. Compreso un match recitato da «giocatori di serie C», quello proprio contro i nerazzurri di Inzaghi per l’eliminazione nell’edizione passata della Coppa Italia, con lo sfogo eclatante di Mou raccontato da questo giornale.

E da quello sfogo, non solo tatticamente, la Roma è per certi versi cambiata. Sulla sbandata di San Siro è stata costruita l’impresa in Conference League. Perché i giallorossi sono stati capaci in Europa di fare quello che in Italia ancora non riesce. Nelle gare decisive contro il Bodø Glimt e soprattutto contro il Leicester e il Feyenoord, cioè contro le avversarie più quotate che incrociarono nel torneo, hanno mostrato personalità, concentrazione, equilibrio e solidità. Rispettando, dunque, i principi fondamentali del metodo di José.

La Roma, migliorata nella qualità e nell’esperienza dopo la sessione estiva del mercato, deve solo riconnettersi. E ritrovare il comportamento che l’ha spinta fino al trionfo di Tirana. Ha l’allenatore e gli interpreti giusti per farcela. La squadra è esperta, non solo anagraficamente. Ma in serie A ancora non entra in partita come vorrebbe Mou. Che chiede più intensità e maggiore partecipazione. Quest’anno in campionato non ha vinto nessun dei due scontri diretti: pari all’Allianz Stadium con la Juve e sconfitta all’Olimpico con l’Atalanta. La sfida contro i nerazzurri di Gasperini è emblematica. In match di alto livello sono gli episodi a fare la differenza. I giallorossi, a contare i tiri e ancora di più le occasioni da rete, hanno dominato, restando però a digiuno. L’unica conclusione dell’Atalanta è stata fatale. Ma la prestazione, promossa dallo stesso Josè, ha chiarito che la Roma sa spaventare pure le migliori del torneo. Non c’entra, dunque, il braccino. Serve uno sforzo in più, innanzitutto lucidità e coraggio, senza aspettare che sia sempre la stella di Dybala a indicare la rotta. Che in Italia deve essere diversa da quella dell’anno scorso: solo un successo nel derby di ritorno e i pareggi con il Napoli; poi solo ko contro chi la precedeva in classifica.


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