Roma a 56, le chiacchiere stanno a zero

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport-Stadio
Roma a 56, le chiacchiere stanno a zero© BARTOLETTI
Ivan Zazzaroni
3 min

La Roma sta a 56, le chiacchiere stanno a zero. Il gioco di Mourinho non piace agli esteti privi di memoria storica, gli Sgarbi del pallone (Vittorio non si offenda), il risultato - invece - è particolarmente gradito ai tifosi che riempiono continuamente lo stadio, agli allenatori e ai dirigenti, oltre che ai giornali, e non venitemi a parlare di giochisti e risultatisti, tutta fuffa, aria fritta. Ognuno si tenga la propria, di opinione, io difendo la mia, soprattutto nelle stagioni in cui le sconfitte e le vittorie, i passaggi dei turni e le eliminazioni vengono misurati in milioni, conferme e esoneri, non più con accenti sportivi. Il calcio è sempre più risultato, la bellezza ha un senso soltanto se accompagnata da qualcosa di concreto. Da un titolo (il Napoli di Spalletti). Il resto è rimpianto potenziale.

L'applicazione di un gruppo serio

Cosa ho visto di buono nella Roma che ha battuto l’Udinese? Tante cose: la preparazione della partita, perfetta, il rispetto dell’avversario, delle sue caratteristiche, Bove e i suoi polmoni deputati al pressing alto per creare difficoltà nelle uscite ai difensori di Sottil, il solito giropalla lento di Smalling, Mancini, Llorente e El Shaarawy cercato con insistenza per invitare all’aggressione gli avversari e aprire vuoti in avanti. L’applicazione di un gruppo con qualche limite tecnico ma serio. Molto serio. Posso chiuderla qui, non prima - però - di aver esaltato la prova di Pellegrini, Wijnaldum e Rui Patricio: Lorenzo ha giocato da leader con le gambe finalmente leggere e la corsa rotonda: l’ovazione dell’Olimpico al gol è strameritata e sa di rinascita; Gini si è restituito al calcio che conta e ha ritrovato le incursioni che l’hanno reso famoso; il portiere, parando il rigore, ha costretto Mourinho ad abbandonare la panchina e abbozzare un sorriso di piena soddisfazione.



PS. «Esistono due tipi di allenatori: c’è quello che lavora per se stesso, seguito dai calciatori, per il 90 per cento ignoranti, quindi gli parla di possesso palla, di due tocchi, tre tocchi, tiki taka, partenza bassa, e tutti a dire "come gioca bene la squadra". Quell’allenatore pensa a mettersi in mostra. Il vero allenatore adatta i giocatori che ha a disposizione». (sempre estremo, ma centrato, Eziolino Capuano, da il Fatto Quotidiano).


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