Roma e Mourinho, la fine della strada

Leggi il commento del Direttore del Corriere dello Sport-Stadio
Roma e Mourinho, la fine della strada© ANSA
Ivan Zazzaroni
3 min

Non ho più voglia di sottolineare il peso delle assenze di Smalling, Wijnaldum e Dybala, che ieri aveva nelle gambe soltanto venti minuti, a giudicare dallo spazio che Mourinho gli ha potuto concedere. Non ho più voglia di parlare degli arbitri, che non hanno in simpatia José: del resto lui non ha mai fatto nulla per ingraziarseli. Secondo numerosi commentatori li ha spesso usati per coprire le proprie manchevolezze. Non ho più voglia di parlare di una società Roma che da un anno lascia solo l’allenatore più importante della sua storia, sedotto nella primavera del 2021 con promesse di grandezza evaporatesi dopo pochi mesi; un fuoriclasse del calcio e della vita costretto a mangiare continuamente merda: in tutta la carriera non aveva mai allenato un gruppo con limiti tecnici e numerici così vistosi. Non ho più voglia di parlare dell’evidente superiorità dell’Inter, che ha potuto far riposare Dzeko e tenere a lungo in panchina Lautaro e Mkhitaryan e che all’Olimpico ha fatto il minimo indispensabile per prendere i tre punti.
Non ho più voglia di elencare i gol che la Roma si è fatta da sola: ne ho contati almeno una dozzina in pochi mesi. Non ne ho voglia perché ormai serve a poco. Nel calcio non si può procedere all’infinito per miracoli e Mourinho ne ha compiuto un numero considerevole. Ora è settimo con gli stessi punti della stagione scorsa, quando era quinto. Davanti a sé, proprio come un anno fa, ha una semifinale di coppa, peraltro più prestigiosa della Conference. E con essa la speranza di poter raggiungere un’altra finale, sempre che il tecnico riesca a recuperare due dei tre elementi più qualitativi. Denuncio una volta di più la mia assoluta mancanza di obiettività quando si parla di Mourinho. Non ho mai nascosto di considerarlo il migliore e mi fa tristezza vederlo alle prese con una situazione spesso ingestibile e, oltretutto, sentirlo accusare di ogni nefandezza.
Ho però voglia di occuparmi dei tifosi, che non hanno mai smesso di star vicino a José riempiendo lo stadio anche quando i prezzi sono aumentati (rimpiango la strategia Monguzzi). Gente alla quale alla fine Mou ha rivolto un lungo applauso: abbiamo visto persone piangere comprendendo che il romanzo era ed è alle pagine finali. E ho voglia di applaudire una squadra da sesto, settimo posto, che ha dato sempre il massimo, un massimo che talvolta non è bastato.


© RIPRODUZIONE RISERVATA