Roma campione, 40 anni dopo è sempre emozione

Un anniversario speciale per lo scudetto del 1983: l'invito della società allo stadio e l’abbraccio dei tifosi per i giallorossi che vinsero il titolo sotto la guida di Liedholm
Roma campione, 40 anni dopo è sempre emozione© ANSA
Guido D’Ubaldo
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ROMA - Quarant’anni fa la Roma vinceva il secondo scudetto della sua storia. Era l’8 maggio 1983, l’Italia era ancora flagellata dagli anni di piombo, era da poco scoppiato lo scandalo della P2, il giorno prima, il 7 maggio, sparì in circostanze misteriose Mirella Gregori, la cui scomparsa fu collegata a quella di Manuela Orlandi, per le quali i familiari si battono ancora per avere verità e giustizia. La Roma di Nils Liedholm due anni prima sfiorò lo scudetto, fermata al Comunale di Torino dal gol annullato da Turone contro la Juventus. Ma il presidente Dino Viola e il Barone avevano avviato il progetto per costruire una squadra vincente. Quella Roma era una squadra fantastica. Liedholm era un allenatore rivoluzionario. Era quaranta anni avanti a tutti, sia nel lavoro sul campo che nella gestione del gruppo. Aveva introdotto la zona e il possesso palla e aveva messo insieme un gruppo di bravi ragazzi, ottimi professionisti, che avevano voglia di vincere. Da Porto Alegre arrivò Paulo Roberto Falcao. I tifosi aspettavano Zico, ma bastarono pochi giorni per innamorarsi del Divino. Roberto Pruzzo era uno dei migliori centravanti italiani, solo il grande Bearzot non riuscì a capirlo. Liedholm trasformò Agostino Di Bartolomei, un ottimo centrocampista, in centrale difensivo. Era il capitano, la squadra ne riconosceva le qualità di leader. Ma in quella Roma ce ne erano altri, di leader. Falcao lo divenne in fretta, i compagni accanto a lui riuscirono ad acquisire la mentalità vincente, la convinzione di far parte di una grande squadra fu sempre più forte.  

La Signora

La rivale di quegli anni era sempre la Juventus. Due anni dopo “er gol di Turone era bono”, un must per i tifosi giallorossi, la Roma era ancora lì, a contendere lo scudetto agli antipatici juventini. Alla squadra di Liedholm quella domenica bastava un punto per laurearsi campione d’Italia, il Genoa con il pareggio era salvo. Finì come doveva finire, con il Barone portato in trionfo a Marassi da giovani tifosi festanti. Ma la svolta di quello scudetto ci fu qualche settimana prima. La Roma vinse a Pisa la settimana dopo aver perso in casa contro la Juventus. Con quella vittoria furono allontanati i fantasmi e lo scudetto fu blindato fino alla fine del campionato. Se lo ricorda bene Dodo Chierico, che fece l’assist per il gol di testa di Falcao che portò in vantaggio la Roma: «Fu quella la partita della svolta. Avevamo perso in casa con la Juve, il Barone mi mise titolare nella mia Pisa dove mi sono consacrato e Viola mi strappò all’Inter. Avevo una carica in più. Anche a Genova giocai titolare. In questi giorni che abbiamo trascorso insieme abbiamo letto la distinta, eravamo sedici giocatori... A Marassi ricordo l’invasione di campo. Liedholm sul pullman prima di arrivare allo stadio ci diede le ultime raccomandazioni, ci disse di restare tranquilli, ma gli allenatori all’epoca non parlavano molto, anche a livello tattico il Barone diceve due, tre cose e dava la formazione. Sapeva che in campo c’erano dei professori. Contro il Genoa passammo in vantaggio con un colpo di testa di Pruzzo, uno stacco quasi dal limite dell’area, una palombella incredibile, Martina non ci arrivò». A Chierico resta un rammarico: «Con quella squadra a Torino avremmo vinto 5 o 6 anni di seguito... Roma è Roma, poi ci furono tante situazioni particolari. L’anno successivo eravamo ancora più forti. Anche con Eriksson eravamo uno squadrone, ricordo al torneo estivo di La Coruna la Roma diede una lezione di calcio. Poi ci fu il problema del ginocchio di Falcao, la lite con il presidente. Intanto Agostino aveva seguito Liedholm a Milano e si sfasciò tutto. Furono 4 anni ad alti livelli e il gruppo era unito, non ricordo uno screzio. Tra Falcao e Agostino c’era una sana competizione, non rivalità. Paulo aveva qualche concessione in più. In ritiro poteva mangiare in camera, senza scendere a cena con i compagni. Ma non ci fu mai una polemica per questo».

La reunion

I campioni d’Italia dell’83 si sono ritrovati tutti insieme su iniziativa della società e sono tornati all’Olimpico in pullman come facevano quando giocavano. Chierico si è quasi commosso: «Ringraziamo il presidente, tutti i dirigenti, ci hanno fatto sentire parte della famiglia. C’erano proprio tutti, il figlio di Agostino, le figlie di Aldo Maldera, Tessari e Alicicco, che sono avanti con gli altri ma non hanno voluto mancare. Tornare all’Olimpico è stata una bellissima emozione. Ho rivissuto tantissimi ricordi di quando ero giocatore. E ci siamo ritrovati nello stesso albergo dove andavamo in ritiro in quegli anni. C’è dispiaciuto per i tre grandi assenti, Falcao, Prohaska e Ancelotti, hanno mandato i saluti, ma anche loro erano lì con noi». 


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