Taddei contro Sabatini: "Mi diceva che Pallotta non contava niente". E su Totti...

"Ho rifiutato Juve, Lazio e Inter per vestire questa maglia poi Sabatini infranse la promessa di rinnovo fatta da Pallotta Contento per Spalletti"
Taddei contro Sabatini: "Mi diceva che Pallotta non contava niente". E su Totti...© ANSA
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Città natale, San Paolo. Città d’adozione, Roma. Rodrigo Taddei ha lasciato un pezzo del suo cuore nella capitale, ma soprattutto in una Trigoria mai dimenticata. La passione per la Roma, per i suoi tifosi, per quei nove anni vissuti da protagonista nella squadra per cui ha sempre tifato e con la quale ha vinto due coppe Italia e una Supercoppa italiana: «Ci siamo divertiti in quegli anni. I tifosi mi vogliono bene, e questo mi commuove. Vuol dire che ho lasciato il segno in una piazza importantissima, con una tifoseria che meritava molto di più. Ai miei amici dico sempre che se ci fosse stato il Var in quel periodo sicuramente avremmo vinto almeno un paio di scudetti. Il mio unico rimpianto è non aver regalato un campionato a questi tifosi. Alcune partite in quel periodo le abbia buttate noi, come la Sampdoria, altre invece per diversi fattori. E con il Var, ripeto, la storia sarebbe stata diversa».

La Roma di Spalletti ha vinto e divertito.

«Luciano è un lavoratore, ha creato un’identità importante a una squadra piena di campioni, italiani e stranieri. La Roma veniva da un brutto periodo, poi con il suo arrivo e quello di giocatori importanti è cambiato tutto e ci siamo divertiti».

E adesso Luciano si è preso lo scudetto.

«Ha lavorato tanto per raggiungere questo obiettivo. Ho visto tante partite del Napoli e ho rivisto anche qualche situazione tattica della nostra Roma. Soprattutto nella fase offensiva con il centravanti a ricevere palla, a scaricarla agli incursori come facevamo noi con Totti e i trequartisti. Ho rivisto tanto di quella Roma. Luciano ha fatto qualcosa di straordinario in questa stagione e se lo merita. Quegli anni insieme sono stati magnifici».

Arrivo turbolento alla Roma, il Siena non la lasciava andare.

«Esatto, perché nonostante l’accordo con la Roma il presidente De Luca all’ultimo decise di non farmi partire perché voleva stipulare una comproprietà con la Juventus. Allora ho aspettato la fine del contratto, dopo quasi un anno da fuori rosa, per trasferirmi nella capitale. È stato il primo caso di mobbing nel calcio: se non firmavo, non giocavo. Vista la situazione, nelle ultime gare della stagione riuscii a scendere un po’ in campo. Rifiutai la Juve ma anche Inter, Milan e Lazio. La Roma era la Roma. Da ragazzo mi innamorai della Roma di Falcao e Cerezo. Sono cresciuto con quella squadra, con quegli idoli. Quindi con il mio agente Lucci decidemmo di aspettare i giallorossi. Fu la scelta giusta».

Turbolento fu anche il suo addio alla Roma.

«Sì, perché nel mio ultimo anno di contratto proposi un rinnovo di anno in anno anche al minimo sindacale pur di restare. A fine stagione andai a parlare con il presidente Pallotta e lui mi disse: “Tranquillo Rodrigo, il contratto è pronto”. Ma dopo due settimane di silenzio, andai dal diesse Sabatini e lì accusai il colpo. Non volle più firmare il contratto. Fu un vero shock per me e per la squadra, tanto che Totti, De Rossi e De Sanctis andarono da lui a chiedere spiegazioni. Non ci fu verso. Quando dissi a Sabatini che Pallotta mi aveva promesso il rinnovo, lui mi disse che il presidente contava poco e che lui voleva ringiovanire la squadra. Mi arrivarono altre proposte dalla Serie A ma non le accettai: non sarei riuscito a giocare contro la mia Roma. Per me è sempre stato più di un club, è un amore e tiferò sempre per vederla vincere».

Ci è riuscito Mourinho, a distanza da 14 anni dall’ultimo trofeo. Il vostro.

«Con lui anche da avversario ho avuto un ottimo rapporto, perché con noi giocatori è sempre stato rispettoso. Che dire di lui, è un grande e ha portato la Roma ad avere rispetto in Europa. Spero che riesca a dare altre soddisfazioni ai tifosi giallorossi, quindi che resti alla Roma. Il club deve fare un sacrificio per farlo restare, per riuscire in un ulteriore salto di qualità. La Roma deve costruire il futuro con lui e con i giocatori importanti in squadra».

Un finale di stagione con tante difficoltà.

«Contro il Milan e l’Inter ha giocato partite di sacrificio per i tanti infortuni. Ero allo stadio e ho visto che la squadra ha dato tutto ma gli episodi hanno deciso la partita. Errori che contro le grandi non si possono commettere. I ragazzi seppur stanchi stanno dando il massimo e spero che riescano a fare un buon finale di stagione».

A cominciare dalla sfida col Leverkusen.

«Una squadra forte, ma la Roma ha un’arma in più: Mourinho. Lui è il fattore in più della semifinale, può fare la differenza come in passato. La rosa corta sta creando difficoltà ma spero che la Roma riesca a recuperare i giocatori per volare in finale e poi vincere».

Uno su tutti, Dybala.

«Lui è per questa Roma quello che Totti è stato per noi. Qualità e fantasia. Ha la personalità giusta per guidare la squadra. Spero sia nella migliore forma per le prossime gare, e spero che lui insieme agli altri grandi giocatori possano restare anche la prossima stagione. Magari Dybala con la dieci sulle spalle, ha la qualità e la classe per indossarla».

Ibañez ha invece bisogno di riscattarsi.

«Ha fatto un partitone con l’Inter, poi vanificato da quell’errore. Mi dispiace per lui, spero che possa rialzarsi. Anche perché è l’unico brasiliano in squadra».

Ne ha uno da consigliare?

«Marcos Leonardo è promettente, il Santos è in crisi ma lui sta giocando bene. Gabriel Menino del Palmeiras è molto forte e ha 22 anni, lui sarebbe un colpo enorme per la Roma».

Sarà all’Olimpico contro il Leverkusen?

«Assolutamente. E se non trovo il biglietto sono pronto a scavalcare i tornelli (ride, ndr)». Vero amore per la Roma.


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