Caso Mourinho-Chiffi: pubblicate le motivazioni della squalifica

Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, ha spiegato i motivi delle sanzioni nei confronti del tecnico della Roma
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ROMA - Il Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - ha ritenuto congrue le sanzioni per l'allenatore della Roma Josè Mourinho a seguito di quanto accaduto in occasione della partita a Monza dei giallorossi, confermando così i 50mila euro di ammenda e i 10 giorni di squalifica da scontarsi a decorrere dalla prima giornata del prossimo campionato, più altri 50mila euro di multa nei confronti della società. Questo perché "risulta chiara la responsabilità dei deferiti sig. Mourinho, nonché quella della Roma a titolo di responsabilità oggettiva ex artt. 6, comma 2, e 23, comma 5, del C.G.S. Quanto alla determinazione delle sanzioni, in ragione della gravità delle dichiarazioni come sopra riferita, soprattutto di quelle tese a mettere in dubbio l’imparzialità e la correttezza delle designazioni arbitrali, si ritiene di discostarsi in parte dalla misura indicata dalla Procura Federale, con l’ulteriore precisazione che non prevedendo l’art. 9, comma 1, lettera f) la squalifica a giornate, ma a tempo determinato, si considera congruo applicare al deferito sig. Mourinho, oltre l’ammenda di euro 50.000,00 (cinquantamila/00), anche la sanzione della squalifica a tempo determinato stabilita in 10 giorni".

Roma, le motivazioni della sanzione a Mourinho

Nello specifico si sottolinea "le affermazioni del sig. Mourinho rilasciate a tv ed organi di stampa senza dubbio travalicano i limiti di una ammissibile critica all’operato dell’arbitro Chiffi" e che lo stesso tecnico della Roma con le sue parole "oggetto di deferimento – chiaramente pubbliche in quanto rese durante interviste giornalistiche ed a tutti note - ha senza dubbio leso gravemente, non solo il prestigio e la reputazione del direttore di gara Chiffi, con giudizi ed affermazioni anche di natura personale, ma pure l’organizzazione federale nel suo complesso arrivando ad indubbiare i meccanismi di designazione arbitrale. Nel caso in esame sussiste pertanto pienamente la contestata violazione dell’art. 23 CGS".


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