Roma, 40 anni fa il "Ti Amo" della Curva Sud: i segreti di uno striscione senza tempo

La vera storia di una coreografia unica nata in un derby che tornava dopo tre anni perché dopo tre anni tornava la Lazio in Serie A
Fabio Massimo Splendore
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Un giorno speciale per la Curva Sud giallorossa, per tutti i tifosi romanisti: l'orgoglio di una coreografia che fece epoca e che è rimasta come icona intramontabile del tifo ultrà. Una invenzione essenziale, ma di grandissimo impatto. Riletta oggi, quasi un insegnamento di quanto a volte non serva essere ridondanti ma bastino due parole, le più note, le più semplici, così uniche nel messaggio che non ammette repliche: "TI AMO". Tornava il derby della Capitale dopo tre anni, perché tornava in Serie A la Lazio. Era il 23 ottobre 1983, la Roma mostrava con orgoglio il secondo scudetto sul petto, quello di Dino Viola, e la sfida stracittadina ripartiva in casa della Lazio. Una giornata uggiosa, ma davvero carica di significati e di sentimento per entrambe le tifoserie, che tornavano a vivere il loro derby delle coreografie, dentro quello più grande, giocato in campo. Il cielo di quel pomeriggio allo Stadio Olimpico venne squarciato dal colpo d'occhio che quello striscione 20 metri per 60, 900 pezzi da un metro per un metro e quaranta centimetri (1200 metri quadri, rivendica orgogliosamente quel cimelio della biblioteca del tifoso che è il libretto "Cucs - Commando Ultrà Curva Sud"). Un'idea pensata e realizzata in cinque notti vissute senza sosta dopo che 15 persone erano state a pensare cosa fare per rendere quel giorno storico: come poi è diventato, probabilmente anche molto oltre le intenzioni.

Curva Sud, come nasce lo striscione TI AMO

C'erano da "organizzare" in un progetto 600 quintali di cartoncino giallo e rosso che si sarebbero straordinariamente uniti in un mosaico, da scomporre in migliaia di pezzi ad un segnale, come per trasformare l'immagine compatta del "Ti Amo" in un qualcosa destinato ad aprirsi per invadere lo stadio e riempirlo d'amore. Una volta appurato che la stoffa sarebbe entrata allo stadio, la macchina del volontariato (il solito motore di quella Sud) si è messa in moto: lo spunto arrivò dalle Olimpiadi di Mosca del 1980, come ha raccontato più volte Vittorio Trenta, grande leader di quel Cucs. E l’ispirazione nacque da una grande rappresentazione con i cartoncini realizzata in quella circostanza: c'era un orso in rilievo su uno sfondo, la mascotte dei Giochi Olimpici. Bisognava sostituire l'orso con una scritta che avesse grande impatto. Una sola ce n'era: "TI AMO".  A quel punto serviva il luogo: un appartamento di 70 metri quadri? Una villa isolata? Resta nella leggenda. Il tempo tecnico di lavoro, quattro giorni e quattro notti divorati in turni, pranzi e cene frugali, dormendo poco o nulla. "Una lettera M che creò un sacco di problemi" ricorda sempre il racconto di quei giorni di Vittorio Trenta.Il sabato notte, alla vigilia, una carbonara da strafogarsi in quindici (altra curiosità scovata nel libretto del Cucs) per annegarci dentro gioia, speranze, ultimi dubbi, tra forbici, barattoli di colla, nastri... Le ultime ore sono le più difficili, è il momento di raccogliere il lavoro e mostrarlo. Quello che manca lì diventa irrecuperabile. Ebbene il tragitto fino alla Stazione Termini è un batticuore, arriva il pulmino con tutto il resto del materiale, si carica il capolavoro che da lì a qualche ora volerà dalla Sud nel cielo dell'Olimpico. Milleduecento metri quadri d'amore, un "TI AMO" che quarant'anni dopo, il 23 ottobre 2023, oggi, resta lì a fare la storia: più strabiliante (nessuno ce ne voglia) di un sold out, più forte di tutto. "TI AMO" uno striscione che è un urlo senza tempo, oltre il tempo.


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