De Rossi stratega, tutti i moduli già utilizzati con la sua Roma

A Frosinone ha ribaltato la squadra nell’intervallo: era furibondo per il pessimo primo tempo. E la strategia…
Roberto Maida
4 min
ROMA - Arrabbiato con la squadra e anche con se stesso, Daniele De Rossi ha svestito i panni del capitano-amico e ha indossato per sempre quelli dell’allenatore in un complicato pomeriggio ciociaro. Serve anche l’autorità per acquisire l’autorevolezza. «Ci ha dato la scossa» ha ammesso con candore Baldanzi. Eufemismo: durante l’intervallo le sue urla nello spogliatoio sono arrivate fin dentro al campo. Ma che De Rossi non fosse contento si era intuito dopo il gol di Huijsen, che aveva portato in vantaggio la Roma dopo una mezz’ora di dominio del Frosinone: la bottiglietta lanciata a terra mentre trasmetteva alcune indicazioni a Mancini era sintomatico di qualcosa che stava per succedere. 

Il mea culpa di di De Rossi e i moduli

Nelle interviste del post, il capo si è preso tutte le responsabilità di una formazione sbagliata: non erano i sette cambi ad aver creato un disagio, di cui Di Francesco ha approfittato, ma il 4-2-3-1 con un trequartista atipico come Azmoun a supportare Lukaku. Qualunque squadra, se non ha equilibrio, sbanda. E la Roma del primo tempo non aveva stabilità. L’idea di cominciare con Aouar al posto di Pellegrini, con il solito 4-3-3 ibrido, era stata abbandonata proprio per valorizzare lo stato di forma del secondo centravanti, che in effetti nel secondo tempo ha segnato giocando nel ruolo più familiare, ma da un punto di vista tattico sarebbe stata inappuntabile. Non a caso De Rossi l’ha riproposta nella ripresa, con Pellegrini al posto di Lukaku, e ha preso facilmente il controllo della situazione. Ad ogni modo, anche stavolta davanti alle telecamere l’allenatore ha difeso i giocatori («Ma quello che dico a voi non è quello che dico a loro») che apprezzano il doppio binario comunicativo: in privato si può discutere ma fuori siamo tutti uniti. 

La sperimentazione in campo

La sperimentazione intanto continua. In sei partite da allenatore della Roma, De Rossi ha proposto sempre strategie diverse parametrate sulle caratteristiche dell’avversario: contro l’Inter ha difeso a cinque, a Rotterdam ha scelto di raggomitolarsi nel 4-4-2. Ma i moduli si sono rivelati flessibili. A Frosinone ne ha adottati addirittura tre, perché quando è entrato Smalling la squadra è stata sistemata nel mourinhano 3-5-2. Chissà se, con il miglior centrale a pieno regime, De Rossi vorrà alternare con maggiore frequenza i due sistemi. Finora i risultati gli stanno dando ragione: i 12 punti in 5 giornate di campionato hanno permesso alla Roma di rinforzare la propria candidatura europea, con un sesto posto reale e una zona Champions ancora raggiungibile, mentre il pareggio contro il Feyenoord lascia concrete speranze di qualificazione agli ottavi (giovedì sera il ritorno all’Olimpico). Non basta naturalmente per stabilire oggi che De Rossi meriti il rinnovo del contratto e che quindi possa restare in panchina anche nella prossima stagione. Ma i primi segni tangibili del suo lavoro sono stati molto apprezzati dai Friedkin, convinti di aver scelto la figura più adatta per filosofia e carisma a gestire una situazione critica. Ogni percorso parte dai primi passi. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA