Roma, Dybala per sempre: superato lo shock per l'addio di Mourinho

Con De Rossi 6 gol segnati in 5 partite di campionato per l'argentino, al quale il tecnico ha affidato un ruolo alla Totti: tutti i dettagli

ROMA - Senza saperlo, De Rossi era stato buon profeta dopo aver respinto il Feyenoord. «Deve finire il tempo del fatalismo romanista, del Mai Una Gioia». A quella parola, è scattato Paulo Dybala. La molla del succeso. La Joya che si vorrebbe sempre addosso. Con una tripletta, la prima da quando guida la Roma, Dybala non ha soltanto risolto la pratica Torino ma ha anche alimentato un motore già caldo: questa squadra si è svegliata dal torpore invernale e punta a recuperare il tempo perduto in una stagione che è ancora tutta da vivere, in Italia e in Europa. «Non ci nascondiamo - ha detto lui -, vogliamo arrivare in fondo e lottare per la Champions».

Dybala esaltato dal momentaneo ritorno al 3-5-2

Con un fuoriclasse al meglio delle proprie potenzialità, niente è impensabile. Sarà per il ritorno momentaneo al 3-5-2, che ne esalta l’anarchia tattica; sarà per una condizione atletica finalmente brillante; sarà per le contingenze della partita e la disponibilità all’inchino del portiere avversario Milinkovis-Savic. Però Dybala a questi livelli si era visto raramente anche durante la gestione Mourinho, lo zio calcistico che lo aveva convinto a scegliere la Roma. Dall’ottobre del 2018, in Champions contro lo Young Boys, non portava a casa «da mia madre, che altrimenti si arrabbia» il pallone della partita che spetta ai triplettisti. Del resto all’Olimpico in campionato un calciatore della Roma non ci riusciva dai tempi di Salah, addirittura otto anni fa. Poi era capitato a Mkhitaryan, in trasferta contro il Genoa, e a Zaniolo, in Conference contro il Bodo. Ma insomma, non è così usuale un tris realizzativo quando giochi in una squadra che non lotta per lo scudetto.

Superato lo shock per l'addio di Mourinho

La sensazione è che Dybala abbia superato lo shock dell’addio di Mourinho e che stia cominciando a familiarizzare, a legare con il nuovo allenatore. Così si spiega l’abbraccio a De Rossi dopo il 2-1 di lunedì sera, il tiro improvviso che scaccia i brutti pensieri. Ma così si spiegano anche i 6 gol segnati in 5 partite di campionato - a Frosinone era rimasto in panchina a riposare - dopo il cambio tecnico. Nella prima parte del torneo, soprattutto a causa degli infortuni, aveva prodotto “solo” 5 reti in 13 partite. Sono i paradossi del calcio, che gli hanno anche impedito di salvare la panchina del mentore: a San Siro contro il Milan, mentre si consumava il rigetto verso il capo, Dybala era a casa a smaltire il solito fastidio muscolare.


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Nuovi record per Dybala: 'agganciato' Icardi

Con la Trybalata, Paulo ha raggiunto Icardi al quarto posto dei marcatori argentini in Serie A (121) ed è entrato già in doppia cifra realizzativa, superando il collega Lukaku in testa alla classifica dei marcatori della squadra a quota 11. Lo scorso anno in campionato si era fermato a 12, ma aveva saltato tutta l’ultima tranche per poter giocare la finale di Siviglia. Dove finora è mancato, nella stagione corrente, è stato proprio in Europa League: zero gol. Chissà se negli ottavi contro il Brighton riuscirà a cancellare questo numero, per avvicinare le 18 reti segnate tra campionato e coppe nella prima annata alla Roma (nella seconda, contando il gol in Coppa Italia alla Cremonese, è arrivato a 12).

Dybala e l'incoronazione di De Rossi

Del suo contributo ha parlato senza mezzi termini De Rossi, che già in passato gli aveva chiesto di giocare libero come Totti: «L’organizzazione di squadra conta, altrimenti non vedresti il Bologna al quarto posto. Reputo importante il lavoro dell’allenatore. Ma poi sono i campioni come Dybala a fare la differenza. Se l’allenatore è importante, i giocatori sono decisivi». Una verità essenziale quanto inconfutabile.


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ROMA - Senza saperlo, De Rossi era stato buon profeta dopo aver respinto il Feyenoord. «Deve finire il tempo del fatalismo romanista, del Mai Una Gioia». A quella parola, è scattato Paulo Dybala. La molla del succeso. La Joya che si vorrebbe sempre addosso. Con una tripletta, la prima da quando guida la Roma, Dybala non ha soltanto risolto la pratica Torino ma ha anche alimentato un motore già caldo: questa squadra si è svegliata dal torpore invernale e punta a recuperare il tempo perduto in una stagione che è ancora tutta da vivere, in Italia e in Europa. «Non ci nascondiamo - ha detto lui -, vogliamo arrivare in fondo e lottare per la Champions».

Dybala esaltato dal momentaneo ritorno al 3-5-2

Con un fuoriclasse al meglio delle proprie potenzialità, niente è impensabile. Sarà per il ritorno momentaneo al 3-5-2, che ne esalta l’anarchia tattica; sarà per una condizione atletica finalmente brillante; sarà per le contingenze della partita e la disponibilità all’inchino del portiere avversario Milinkovis-Savic. Però Dybala a questi livelli si era visto raramente anche durante la gestione Mourinho, lo zio calcistico che lo aveva convinto a scegliere la Roma. Dall’ottobre del 2018, in Champions contro lo Young Boys, non portava a casa «da mia madre, che altrimenti si arrabbia» il pallone della partita che spetta ai triplettisti. Del resto all’Olimpico in campionato un calciatore della Roma non ci riusciva dai tempi di Salah, addirittura otto anni fa. Poi era capitato a Mkhitaryan, in trasferta contro il Genoa, e a Zaniolo, in Conference contro il Bodo. Ma insomma, non è così usuale un tris realizzativo quando giochi in una squadra che non lotta per lo scudetto.

Superato lo shock per l'addio di Mourinho

La sensazione è che Dybala abbia superato lo shock dell’addio di Mourinho e che stia cominciando a familiarizzare, a legare con il nuovo allenatore. Così si spiega l’abbraccio a De Rossi dopo il 2-1 di lunedì sera, il tiro improvviso che scaccia i brutti pensieri. Ma così si spiegano anche i 6 gol segnati in 5 partite di campionato - a Frosinone era rimasto in panchina a riposare - dopo il cambio tecnico. Nella prima parte del torneo, soprattutto a causa degli infortuni, aveva prodotto “solo” 5 reti in 13 partite. Sono i paradossi del calcio, che gli hanno anche impedito di salvare la panchina del mentore: a San Siro contro il Milan, mentre si consumava il rigetto verso il capo, Dybala era a casa a smaltire il solito fastidio muscolare.


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