Roma, riecco Abraham: titolare con il Bologna dopo un anno

Lukaku è infortunato, De Rossi chiede all’inglese (e ad Azmoun) di segnare

ROMA - The initial countdown. Nel momento del bisogno, nel vuoto di potere dell’attacco della Roma, spunta lui. A dieci mesi abbondanti dall’operazione al ginocchio e a quasi un anno dalla sua ultima partita cominciata in Serie A (3 maggio 2023, Monza-Roma 1-1), Tammy Abraham prepara il suo nuovo esordio. Quello vero. Cambio, mister: fuori Lukaku, che saltò anche la partita d’andata contro il Bologna, dentro il numero 9, il centravanti della Conference vinta, il rampollo sbocciato nel Chelsea. Ha riposato bene dopo lo sforzo profuso contro il Milan, imprevisto perché durato 71 minuti, e in quattro giorni ha dato la chiara disponibilità a De Rossi per giocare titolare. Accolta. Si alternerà con Sardar Azmoun, che pure non è al cento per cento dopo l’infortunio riportato un mese fa in Iran, e che però potrà giocare una mezz’ora di qualità.

Progresso Abraham

E’ tornato quando non si poteva più fare a meno di lui. Uno spezzone nel derby, un altro a Milano, una partita vera all’Olimpico giovedì scorso quando a tratti, mentre arringava la folla e danzava sul pallone, sembrava davvero il giocoliere di Tirana, l’uomo da 40 milioni di euro. Abraham è stato gestito con cura, ogni tessuto del suo corpo è stato rispettato, perché rientrasse in condizioni accettabili. Era inutile affrettare i tempi. Secondo gli ortopedici, un calciatore impiega un anno a superare completamente la rottura di un legamento crociato. Tra guarigione completa e ripresa integrale della performance. In passato la medicina aveva abbassato a quattro mesi i tempi di recupero, che però non incidevano sensibilmente sull’efficienza agonistica al costo di un rischio di recidiva troppo alto (ricordate Strootman, Florenzi, Zaniolo?). Per questo da qualche anno, sia in Italia sia all’estero, si tende a prolungare la convalescenza: meglio avere un campione in efficienza perfetta, obiettivo che per Abraham è molto vicino, piuttosto che aspettare un atleta in difficoltà psicofisica.


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Abraham, futuro in ballo

In queste settimane si decide anche il suo futuro, che in qualche modo può essere legato a Lukaku e al Chelsea. Abraham è un patrimonio della Roma che però lo scorso anno, prima dell’infortunio contro lo Spezia, era stato già promesso all’Aston Villa. Da stasera, contro il Bologna, proverà a convincere De Rossi a tenerlo con sé anche dopo l’estate. Giovane abbastanza (classe ‘97) eppure già esperto, può ancora essere un fattore determinante della stagione e della ristrutturazione estiva. 


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ROMA - The initial countdown. Nel momento del bisogno, nel vuoto di potere dell’attacco della Roma, spunta lui. A dieci mesi abbondanti dall’operazione al ginocchio e a quasi un anno dalla sua ultima partita cominciata in Serie A (3 maggio 2023, Monza-Roma 1-1), Tammy Abraham prepara il suo nuovo esordio. Quello vero. Cambio, mister: fuori Lukaku, che saltò anche la partita d’andata contro il Bologna, dentro il numero 9, il centravanti della Conference vinta, il rampollo sbocciato nel Chelsea. Ha riposato bene dopo lo sforzo profuso contro il Milan, imprevisto perché durato 71 minuti, e in quattro giorni ha dato la chiara disponibilità a De Rossi per giocare titolare. Accolta. Si alternerà con Sardar Azmoun, che pure non è al cento per cento dopo l’infortunio riportato un mese fa in Iran, e che però potrà giocare una mezz’ora di qualità.

Progresso Abraham

E’ tornato quando non si poteva più fare a meno di lui. Uno spezzone nel derby, un altro a Milano, una partita vera all’Olimpico giovedì scorso quando a tratti, mentre arringava la folla e danzava sul pallone, sembrava davvero il giocoliere di Tirana, l’uomo da 40 milioni di euro. Abraham è stato gestito con cura, ogni tessuto del suo corpo è stato rispettato, perché rientrasse in condizioni accettabili. Era inutile affrettare i tempi. Secondo gli ortopedici, un calciatore impiega un anno a superare completamente la rottura di un legamento crociato. Tra guarigione completa e ripresa integrale della performance. In passato la medicina aveva abbassato a quattro mesi i tempi di recupero, che però non incidevano sensibilmente sull’efficienza agonistica al costo di un rischio di recidiva troppo alto (ricordate Strootman, Florenzi, Zaniolo?). Per questo da qualche anno, sia in Italia sia all’estero, si tende a prolungare la convalescenza: meglio avere un campione in efficienza perfetta, obiettivo che per Abraham è molto vicino, piuttosto che aspettare un atleta in difficoltà psicofisica.


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