Roma, la vera lezione del saggio De Rossi

Leggi il commento al momento dei giallorossi, in vista dell'ultimo turno di campionato
Marco Evangelisti
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State buoni se potete, ripeteva San Filippo Neri ai bambini di cui si prendeva cura. All’epoca era la sintesi di un manifesto etico ed educativo, poi è diventato un luogo comune, uno di quelli di cui anche il calcio è inzuppato. State buoni se potete, fate la vostra partita, date il cento per cento e poi alzate lo sguardo e scoprite dopo siete arrivati. La Roma è arrivata dove poteva, sul ciglio della zona Champions, e adesso è costretta ad aspettare che qualcuno le lanci una fune e le permetta di scalare l’ultimo metro. Probabilmente non accadrà, dato che pure se l’Atalanta volesse stare buona non può farlo. È troppo preziosa la differenza tra terzo, quarto e quinto posto perché un club che ha realizzato la propria evoluzione attraverso una cura spasmodica dell’equilibrio finanziario, superando le sessioni di mercato come si attraversano i campi minati e riuscendo a uscirne sempre intera e cresciuta, rinunci per leggerezza a un pacchetto di milioni. Ma neanche a un paio. L’Atalanta dunque starà buona solo se obbligata. Da Torino e Fiorentina, dal logorio del gioco dispendioso e dei festeggiamenti per la vittoria sul Bayer, dal blackout motivazionale che talvolta investe i migliori e persino i più spietati. Di contro, la Roma è inchiodata alla sua sesta posizione.

Dell’ultima giornata di campionato è una passeggera piuttosto sfibrata ed è questo il pericolo principale che corrono Frosinone e Udinese nella rincorsa alla permanenza in Serie A: loro devono sudarsi il risultato salvavita l’una contro l’altra, perché troppo elevato è il rischio che l’Empoli sfondi gli avversari come una tenda in carta di riso. De Rossi, da saggio, ha investito ogni energia nella preparazione di questa gara, che la Roma potrebbe anche perdere per assenza di stimoli ma per amor di dignità non deve ignorare. Parole accorte e morali, quelle di Daniele: gli altri facciano pure del loro meglio, perché noi lo faremo. Saggio anche accettare l’idea che la Roma non sia al momento pronta per la Champions. Meno saggio suggerire che la coppa più importante sia per natura riservata a un’aristocrazia (o a una plutocrazia) fuori portata. Non è da questo presupposto che sono nate le squadre di Dino Viola, Franco Sensi e neppure quella del primo periodo di James Pallotta. Stare buoni è una cosa, rassegnarsi un’altra.


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