Roma, la maturità di Dybala

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Ivan Zazzaroni
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Adesso Dybala ha un’altra faccia, altri occhi. Ma lo stesso piede, grazie al cielo, con quel modo tutto suo di giocare un calcio a parte. Perché Paulo si sente (è) finalmente leader completo, non più di sole soluzioni, e a casa: spinge i compagni a reagire allo svantaggio, vede spazi negati agli altri, segna, raddoppia, decide, è di nuovo un privilegio.

Da quando è arrivato Ranieri molto è cambiato anche in lui: ha smesso di pensarsi altrove, di sognarsi a Madrid o Barcellona, là dove il livello gli è più familiare: l’Arabia non lo merita. L’adesione alla Roma è diventata così totale e non solo sul campo. 
Nelle occasioni in cui Ranieri ha permesso a Pellegrini di recuperare la serenità perduta, Dybala si è assunto alcuni compiti di Lorenzo che con grande senso della squadra, del ruolo e della Roma si è adeguato, facendo un piccolo passo indietro. Da capitano vero, gente seria.  
Dybala è stato l’uomo della partita e del passaggio agli ottavi, ha allungato la vita alla Roma e all’uscita ha meritato un coro che negli ultimi anni l’Olimpico aveva riservato soltanto a Totti e Mourinho.  
Roma-Porto è stata dunque Dybala, ma anche Mancini su Samu, Koné ovunque (superbo per presenza nel primo tempo), le incursioni di Angeliño, i sacrifici di El Shaarawy e Shomurodov, l’equilibrio garantito da Pellegrini e Paredes. È stata una Roma superiore ai portoghesi anche se in alcune occasioni si è abbandonata alla distrazione. 
Oggi il sorteggio potrebbe consegnarci un derby in chiave europea. Quasi me lo auguro: ma soltanto per avere la certezza di trovare una romana nei quarti. 
Se poi il destino le spingesse avanti entrambe... 

 

 


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