Roma, così Gasperini è diventato un Gran Simpaticone
All’Insopportabile Antipatico sono bastate otto vittorie (in undici partite) per diventare il Gran Simpaticone della compagnia. Il primo posto in campionato alla pari con l’Inter c’entra, però non è l’unico motivo alla radice della novità. I risultati fanno parte dei poteri forti del calcio ma non può essere soltanto questo. La faccenda puzza di empatia perché la gente sa riconoscere chi è e/o chi fa finta di essere. E a Roma ti sgamano in un attimo…
Così i suoi sorrisi (sorrisetti…) che prima sembravano impertinenti, beffardi, fasulli e odiosi oggi sono diventati parte integrante della simpatia (come chiamarla sennò?) acquisita tra la gente della Roma.
Gian Piero Gasperini continua a non avere il cento per cento del gradimento popolare perché c’è chi non dimentica o non vuole dimenticare, ma i suoi primi mesi alla guida della Roma raccontano fatti al di sopra di ogni antipatia. Cosa gli vuoi rimproverare, del resto, a un capolista che ha cominciato a lavorare a Trigoria soltanto nello scorso luglio e con una rosa incompleta? A uno che era stato preso per la qualità del suo gioco offensivo e che adesso si ritrova con la miglior difesa d’Europa e un attacco tra i meno prolifici del pianeta? Qualcosa è cambiato. Anzi, molto è cambiato. Forse perché è cambiato lui, il Gasp. Abituato a muoversi a Bergamo con il pilota automatico, nella Capitale è stato costretto a prendere nuove lezioni di guida e a ridare l’esame per la patente. Con l’obbligo, strada facendo, di sperimentare percorsi alternativi, riuscendo ad arrivare sempre (più o meno) a destinazione. Accosti: promosso, può scendere.
La sua Roma, nonostante le quindici partite ufficiali alle spalle, è ancora tutta da scoprire. Perché o vince o perde, mai pareggia. Perché sistematicamente se va in vantaggio vince mentre se va sotto perde. Perché con (sole) 12 reti all’attivo sta lì, più in alto di tutti. Roba non usuale, roba non normale. Urge normalizzare la faccenda, migliorando il migliorabile.
Una cosa, intanto, è sicura: la Roma è una squadra che segue per filo e per segno il suo allenatore. La squadra crede in quello che le viene detto, crede in ciò che le viene insegnato. La squadra si fida, anche dei suggerimenti apparentemente meno credibili. La squadra è consapevole di ciò che fa. E tutto questo ha il marchio GPG, che è riuscito a entrare nelle teste dei suoi uomini in maniera tenera e spietata. Convincendo, ad esempio, uno come Mancini a giocare (bene assai) da mediano/intermedio/mezzala anche se mascherato da difensore centrale di destra; oppure traendo il massimo da un Pellegrini degradato; o sistemando a sinistra un destro dalla nascita come Wesley; e pure trasformando un indecifrato difensore come Celik in un’arma letale dietro e davanti, per dirne soltanto alcune.
La Roma non è la squadra più forte del campionato e, forse, non lo sarà neppure quando i Friedkin porteranno a Trigoria (li porteranno, vero?) i giocatori invocati (già) dalla scorsa estate da Gasp. Ma la Roma, calcolando tutto e tutti, finora è stata la più brava del campionato. Non era scontato che lo fosse. Specie senza un centravanti.
