Roma

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Ci sono giocatori che la Curva sopporta e l&rsquo;allenatore supporta: sino a quando, almeno, gli estremi non si mescolano. Sono cognomi da album Panini, nomi che scivolano alla lettura delle formazioni e si agitano prigionieri tra le scariche dello speaker. Invece no: saranno loro a farci prigionieri. Bryan Cristante ha 30 anni ed &egrave; uno di questi. Sbuffi di Milan, toccata e fuga al Benfica</st

Le parole in conferenza stampa di Bryan Cristante dal raduno di Coverciano dove si è soffermato sul momento che sta vivendo con la maglia giallorossa e non solo…

Cristante su Gasp: “L’ho ritrovato carico, siamo vicini alle sue idee. Mondiale? siamo ottimisti”

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Vietato guardare la classifica. Ma come: proprio adesso? S&igrave;, proprio adesso. Complicato, in certi casi, non cedere alla tentazione di dare uno sguardo al volo. Anche solo una sbirciatina e via. Nulla di clamoroso, per carit&agrave;: giusto il tempo di rifarsi gli occhi. Complicato non sgarrare, per&ograve; meglio evitare. Per non perdere il filo del discorso. Perch&eacute; non &egrave; questo il momento di fare i conti, e non &egrave; assolutamente neppure il momento di buttare gi&ugrave; tabelle. La tabella porta zella, ricorda il proverbio. Impossibile (e forse anche ingiusto) non godersi il momento, per&ograve;. Ci mancherebbe altro. Perch&eacute; la vita &egrave; adesso, e adesso va goduta. E perch&eacute;, si sa, del doman non v&rsquo;&egrave; certezza. Ma in un campionato strambo, bislacco, imprevedibile come questo, meglio restare sul pezzo anche durante la sosta. Se non altro ricordando quanto di brutto &egrave; accaduto alla ripresa del campionato dopo i due stop precedenti. &nbsp;

La Roma, all&rsquo;alba della terza sosta stagionale, ha gi&agrave; giocato 15 gare, tra campionato e coppa europea. Il bilancio parla di 10 vittorie, 0 pareggi e 5 sconfitte. Otto successi su undici in campionato, con la miglior difesa del torneo (5 reti al passivo). Tanta roba. Numeri che, probabilmente, non danno l&rsquo;esatta misura della forza (e forse anche dei limiti) della squadra di GPG. Micidiale in trasferta, pi&ugrave; macchinosa all&rsquo;Olimpico. L&rsquo;assenza di pareggi sta l&igrave; a testimoniare la mancanza di un equilibrio di rendimento. Forse. Gian Piero Gasperini, pi&ugrave; per obbligo che per scelta, finora ha provato mille soluzioni, ha sperimentato altrettante situazioni tattiche per&ograve; non ha ancora intercettato la ricetta della felicit&agrave;. Ma se la Roma sta lass&ugrave;, il merito &egrave; quasi esclusivamente suo. Roma a marchio GPG. Contro l&rsquo;Udinese ha tatticamente confermato la Roma vista in Scozia, quella con Pellegrini e Soul&eacute; alle spalle di Dovbyk. Il tentativo di dare continuit&agrave; al recente passato legato alla reiterata mancanza di tre giocatori per il reparto offensivo. Un tentativo durato meno di un tempo, per&ograve;, per via del ko di Dovbyk, sostituito da Baldanzi. Nessun centravanti di ruolo, in campo. Tridente leggero, anzi leggerissimo. Roma comunque in vantaggio al fischio d&rsquo;intervallo grazie al calcio di rigore firmato da Pellegrini. Partita &ldquo;sporca&rdquo;, fisica, duelli e contrasti a volont&agrave;, un legno di Cristante, scintille e colpi proibiti in ogni angolo del campo tra l&rsquo;ex Zaniolo e Hermoso. Quando nella ripresa si &egrave; giocato maggiormente a pallone la Roma, a modo suo, ha dominato la scena e ha chiuso il discorso con Celik, al termine di un&rsquo;azione da play-station, su assist di Mancini. Gi&agrave;, Mancini sistemato da Gasp quale centrale di destra per aumentare la costruzione del gioco anche attraverso un difensore. Una brillante invenzione del tecnico. Roma dominatrice a modo suo, cio&egrave;, con grande intensit&agrave; atletica (alla faccia dell&rsquo;impegno del gioved&igrave;), personalit&agrave; e consapevolezza della propria forza.&nbsp;

In tribuna a seguire lo spettacolo messo in scena da Gasperini ieri c&rsquo;era anche Ryan Friedkin, chiamato in gennaio a migliorare la squadra. Vista la situazione sarebbe triste non farlo. Giusto? L&rsquo;Olimpico, intanto, fa festa e canta&hellip;&nbsp;

Roma, giusto una sbirciatina

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Che Gasperini sar&agrave; lontano dalla sua Bergamo? Il dubbio correva maligno sul filo. Nella sordida corrida del web. Sar&agrave; ancora lui? Quel magnifico Gian Pierino Burrasca che allagava stanze, corridoi, brande e finestre del nemico fino a soffocarlo (da cui il celebre &ldquo;Gasp!&rdquo;, stupore misto ad affanno tipico dell&rsquo;annegato che non ha nemmeno il tempo di soffiarsi il naso). Ovvio che no. Ovvio che la Matrona con la bocca da Lupa lo deglutir&agrave; come un ovetto alla coque, tempo due, tre mesi massimo, lui, il suo ciuffo Pierino e il suo calcio Burrasca. Copione gi&agrave; scritto. L&rsquo;abbraccio passionevole si rovescer&agrave;, alle prime disgrazie, in una supposta di cianuro.

Sappiamo tutti, non come andr&agrave; a finire, ma come sta andando, e pazienza se dovesse finire. L&rsquo;Antipatico sta facendo strage di cuori e non sembra la favola di Cappuccetto Rosso. Altro che cotta di stagione. Detto tra noi: siamo alle porte del miracolo, se non del cielo! La Roma oggi &egrave; prima lass&ugrave;, sgambettando l&agrave; davanti con uno struggente mosquito, il tenero Baldanzi, e una non meno struggente lastra di marmo, il non meno tenero Dovbyk. Due inoffensivi, per quanto chiamati a offendere, per gentilezza d&rsquo;animo prima ancora che per limiti tecnici.&nbsp;

Cio&egrave;, vuoi dire che Gasperini alla Roma sta esagerando, pi&ugrave; di quanto abbia esagerato a Bergamo? Beh, gi&agrave; che te lo chiedi vuol dire tanto. Oggi &egrave; cos&igrave;, e siccome conta solo l&rsquo;oggi, qualcuno, centinaia di migliaia, sono autorizzati a esultare (e sognare, chiosa Gasp). Preso atto dello scudetto gi&agrave; vinto, in attesa di quello eventuale onirico, la domanda &egrave; un&rsquo;altra: stiamo forse scoprendo un Gasperini che non sapevamo? Una diversa accezione del Gasp pi&ugrave; che mai esclamativo? Io dico di s&igrave; e ci provo a dirlo. Il suo segreto.&nbsp;

Ogni uomo ha un segreto inconfessabile. Un segreto che nasconde anche a s&eacute; stesso. Perch&eacute; troppo disturbante o perch&eacute; troppo faticoso da decifrare. Negli allenatori di calcio il concetto &egrave; ancora pi&ugrave; vero. Nella maggioranza, miracolati normodotati che si coricano la notte ringraziando Ges&ugrave; Bambino o l&rsquo;Emiro d&rsquo;Arabia, a volte entrambi, e pizzicandosi a sangue per convincersi che &egrave; tutto vero. &laquo;Sono davvero io costui che imbarca ogni mese bonifici da paura per farneticare teorie astruse e strepitare amenit&agrave; motivazionali a ragazzini pi&ugrave; ricchi di me?&raquo;. I pi&ugrave; intelligenti e onesti di loro sanno bene che la loro fortuna dipende solo in modesta percentuale da se stessi. I buoni calciatori, sono loro che ti fanno vincere. Tutti gli altri maghi da panchina convivono (bene) con il loro (modesto) senso di colpa, confessano la loro inadeguatezza dando fuori di matto una volta a settimana, gesticolando come ossessi, scaraventando giacche e cappotti, meglio se a favore di telecamere.&nbsp;

Le eccezioni confermano la regola. Sono i Carismatici di diverse matrici. Gente che si farebbe probabilmente notare anche senza un pallone tra i piedi. Il pi&ugrave; semplice da raccontare &egrave; Jose Mourinho, il suo Ego lo spiega e lo esaurisce, lo esalta o lo affonda. Pep Guardiola &egrave; in fondo del suo genere. Un narciso super intelligente. Meno sfrontato, trovando probabilmente inelegante l&rsquo;esagerare con la prima persona. Antonio Conte, lui s&igrave; molto estremo. Un figlio del Salento, etnicamente e storicamente votato al furore (&laquo;Io non accompagno i morti&raquo; &egrave; roba forte, eccesso puro). Luciano Spalletti &egrave; un bipolare quasi impossibile da maneggiare, ti affascina o ti deprime. Carlo Ancelotti &egrave; speciale. La sua semplicit&agrave; &egrave; forgiata nel tungsteno, la sua bonomia ha qualcosa di micidiale, nel senso della determinazione. Un carro armato di marzapane.&nbsp;

E poi c&rsquo;&egrave; Gian Piero Gasperini. Meglio dire, Gasperini a Roma. Lui, forse, &egrave; il pi&ugrave; interessante da raccontare. Un grandissimo allenatore. Senza un ego smodato, non perseguitato da un&rsquo;intelligenza imbarazzante, esente da patologie manifeste, non interessato a mostrarsi benevolo per nascondere la sua natura di ferro. Lui &egrave; quello che &egrave;. E sa essere quello che &egrave; senza mai confondersi, senza perdere mai la bussola o la battuta, senza mai sprecare un aggettivo, un gemito o un sorriso. Essenziale e implacabile. Dice quello che deve dire, non una parola di pi&ugrave;. Come la colt di Gary Cooper in Mezzogiorno di fuoco o quella di Harrison Ford alias Indiana Jones. Niente spari superflui, ma solo quelli che uccidono. Nessuna concessione alla platea. Lo spettacolo non serve se non &egrave; crudele. Un eroe classico da vecchia frontiera, antipatico quando &egrave; necessario esserlo, simpatico solo se non nuoce all&rsquo;impresa. Se apre la porta di un saloon sai che succeder&agrave; sempre qualcosa.&nbsp;

Uno shock salutare, uno come Gasp, nella citt&agrave; che da Nerone a Petrolini reclama lo show piacione, il circo e l&rsquo;applauso. Lui se ne frega delle moine. Lui &egrave; applicato a tempo pieno. Lui studia il suo calcio e i suoi calciatori come studia le sue vigne, senza sentimenti superflui. Ma il palato &egrave; fine, la dedizione totale. Il non essere fuorviato da esuberanze di ego, manie, simpatie e antipatie, lo aiuta a cogliere il massimo da quello che ha. E a prendere il meglio da quello che non ha. Tantissime le imprese che lo raccontano tra Genoa, Atalanta e ora Roma. Ne scelgo una, Sculli al Genoa. Lo cancella come modesto attaccante e lo reinventa come fondamentale stallone da portare in tutte le scorribande del suo calcio da trincea, dove vivi o muori. Ma sapendo che non vai mai allo scontro davvero da solo. Intorno a te, la solidariet&agrave; &egrave; assoluta. Se tu vai a vivere o morire a sinistra, c&rsquo;&egrave; qualcosa che vive o muore a destra, dove lo sguardo non arriva, perch&eacute; non ha bisogno di arrivare.&nbsp;

Da lui non arrivano mai calciatori conclamati. Troppo facile. Arrivano, piuttosto, calciatori che, senza di lui, non lo sarebbero mai stati. Un esempio tra i tanti? Josip Ilicic all&rsquo;Atalanta. Un talento lunatico e irritante che diventa il calciatore pi&ugrave; decisivo del calcio italiano. Devi solo seguirlo, il Gasp. Se sopravvivi, lui ti fa vivere. Da re. E scoprire che il pallone pu&ograve; diventare pazza gioia. Soul&eacute;, Pellegrini, Celik, Wesley, N&rsquo;Dicka e compagni lo stanno scoprendo, Cristante e Mancini lo stanno riscoprendo. L&rsquo;andare ebbri negli spazi, ma lucidi nell&rsquo;essenza. Sapere sempre quello che devi fare.&nbsp;

Un Gasperini che non ha pi&ugrave; nemmeno bisogno del tempo. Uno come lui, si diceva, gli devi dare tempo, quello che gli serve per plasmare, se non vuoi prenderne solo il peggio, cio&egrave; il caos. La sua Roma (merito anche del fondamentale passaggio di Ranieri) ha conosciuto giorni di mediocrit&agrave;, ma mai un giorno di caos. E ora sembra libera anche dalla mediocrit&agrave;.&nbsp;

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