Dybala, il gol che parla al futuro e al passato

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Dybala, il gol che parla al futuro e al passato© ANSA
Alessandro Barbano
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Ci sono gol che parlano a molti. Quello di Paulo Dybala è sonoro come un acuto, eloquente come un comizio, vibrante come una speranza, urticante come un’invettiva. È un gol al presente e al futuro della Roma. Vale l’Europa League e una buona ragione per restare in giallorosso, vale forse per trattenere Mourinho, vale per ritentare l’impresa di una Coppa europea diversa e più importante di quella già vinta. Ma è anche un gol al passato, che chiude un conto aperto con il club al quale l’argentino ha regalato 115 gol e 293 gare in sette stagioni, per essere poi rottamato come un ferro vecchio, senza neanche il rispetto che si deve alle bandiere. Il rigore realizzato da Paulo di fronte all’Olimpico, che ha saputo adottarlo e amarlo, condanna la Juve che prima l’ha sottomesso e sacrificato alla dittatura di Ronaldo, poi l’ha barattato con un Vlahovic qualunque, con un dilettantismo e un’arroganza che il campo si è incaricato di censurare. 

Ci sono gol che parlano al cuore e alle menti, perché sono un impasto di responsabilità e di coraggio, di rabbia e di dolore. Con una caviglia convalescente e una clavicola malconcia per la precedente caduta in area spezzina, il leader giallorosso non ha avuto esitazioni, perché il suo sinistro aveva ieri sera la spinta di centoventimila occhi che, con il loro sguardo, hanno guidato la traiettoria del pallone e gli hanno impresso la forza supplementare per piegare le mani di Jeroen Zoet. La Roma resta in Paradiso. La Juve va in purgatorio

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E tuttavia il rigore che decreta il sesto posto e la qualificazione in Europa League suona come una sorta di risarcimento tardivo ma provvidenziale a quello clamorosamente negato poco prima allo stesso Dybala dall’arbitro Maresca e dal Var, in una giornata di indecente disgrazia. Indecente perché il fallo commesso da Reca sull’argentino era assai più netto di quello fischiato poi su El Shaarawy. Un errore così marchiano di disattenzione del direttore di gara, ma anche di noncuranza da parte del Var, non è tollerabile nell’ultima partita del campionato, di fronte a un testa a testa dove sono in gioco gli appetiti e gli interessi di due grandi club. Ciò dimostra che la categoria dei fischietti non ha ancora compreso quale responsabilità assolve e quale danno può produrre alla credibilità del calcio. Un tema che la Federazione farebbe bene a sorvegliare, rafforzando la formazione della categoria

Si chiude una stagione difficile, spezzata da un Mondiale umiliante per l’Italia, riscattata da tre squadre nazionali giunte nelle finali continentali, una stagione che riporta lo scudetto nel centrosud dopo ventidue anni e che offre lo spettacolo inedito di una squadra che gioca il più bel calcio d’Europa. Si chiude con l’inatteso e non auspicabile divorzio di Spalletti, che riempie di incognite il futuro del ciclo azzurro. Non resta che sperare in un altro di quei sortilegi con cui Aurelio De Laurentiis si tira fuori dall’angolo del ring e si riprende la scena. Lo ha già fatto tante volte, può ripetersi


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