Stankovic contro la sua Inter nella missione disperata di salvare la Samp

Nella sua missione quasi proibitiva con i blucerchiati, il tecnico serbo incrocia la Beneamata, sua casa dal 2004 al 2013: protagonista dell’indimenticabile triplete
Stankovic contro la sua Inter nella missione disperata di salvare la Samp© ANSA
Cristiano Gatti
5 min
C’è di peggio nella vita: fame, malattie, calamità naturali. Ma se appena si dà per scontato che comunque anche rogne più indietro nella classifica restano comunque rognose, a me viene subito in mente Stankovic. Certo è dura per Allegri nella Juve centrifugata, certo è complessa per Ballardini alla Cremonese (8 punti, 0 vittorie), ma allenare oggigiorno la Sampdoria è peggio che avere gli operai in casa. Perchè allenare la Samp significa avere il Viperetta come datore di lavoro. E più o meno tutti in Italia sappiamo cosa significhi: chiunque sceglierebbe di avere gli operai in casa. Tra tutti i giorni dannati che Stankovic si trova a vivere, questi sono i più dannati. Lunedì arriva a Genova l’Inter e gli tocca giocarsi le carte della disperazione proprio contro la sua famiglia. E non per modo di dire. Stankovic all’Inter ha vissuto una vita, la sua vita più bella, dal 2004 al 2013, godendosi l’irripetibile del Triplete, poi ci ha pure mosso i primi passi da dirigente, persino i suoi tre figli sono cresciuti nel vivaio milanese. Come dimenticare. Come fingere di dimenticare. Si prova nell’unico modo conosciuto prima di certi incroci, mettendosi la maschera e provando a dire cose del tipo «al fischio d’inizio dimenticherò tutto e l’Inter sarà un’avversaria come un’altra». Anche se dentro, nel segreto dell’anima, preferiresti scaricare un camion di divani, rifilarti qualche martellata sull’alluce, guardarti dodici ore di Perego-Ventura. 

Stankovic, un reality survivor

La grandezza attuale di Stankovic, che già in campo dimostrò di non essere proprio una damina, sta tutta in questo tenace sforzo di sopravvivenza umana. Il suo reality Survivor consiste nel tirare avanti nonostante. Un nonostante complessivo, omnicomprensivo, universale. Non c’è niente che vada per il verso giusto, di questi tempi. Niente che possa far pensare al miracolo della salvezza, men che meno a quello di battere l’Inter. In definitiva, a Stankovic resta una sola consolazione: mai e poi mai, a Genova, ora, qualcuno oserebbe tirar fuori lo slang che si usa di solito davanti a certe classifiche, panchina che scotta, panchina in bilico, armamentario di graticole e grigliate varie. Come no, già non gliene sono capitate abbastanza, mettiamogli pure sotto una panchina che scotta. Grazie al cielo, nemmeno lo scimunito del villaggio penserebbe di dare la colpa dello sfacelo all’allenatore, stavolta. È qualcosa.

Stankovic, un uomo in missione

Questo allenatore lunedì affronterà la squadra del cuore con i lucciconi, ma non tanto e non solo perchè l’Inter smuove le mozioni del cuore, più ancora perchè penserà inevitabilmente a come ce l’hanno mandato, in quella missione. Con una squadra che aspetta gli stipendi arretrati, con una società che rischia d’essere buttata fuori dalla serie A come inquilino moroso, e soprattutto con un ineffabile Viperetta che ancora fa l’indiano a questo modo: «Io mi rivolgo alla squadra e all’allenatore Stankovic: andate in campo lunedì contro l’Inter e asfaltateli. Nessuno caccerà la Sampdoria dal campionato, nessuno farà niente perché la Sampdoria pagherà gli stipendi. Stiamo vicini a questa squadra meravigliosa». 
Io mi chiedo come abbia fatto Amadeus, che ha buttato dentro cani e porci, a lasciare fuori da Sanremo il più grande battutista su piazza. 


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