Alla fine ci restano solo le emozioni. Custodisce le sue anche Emiliano Bigica, 50 anni, l’uomo alla guida del Sassuolo Primavera. Oggi per i suoi neroverdi c’è la Roma. Partita ruvida, senza sconti. «Affrontiamo una squadra importante, in salute, forse la più salute al momento. Noi stiamo abbastanza bene, vogliamo giocarcela». Il tempo e le routine non hanno però scalfito l’anima dolce di Bigica, capace di ridere e godere, sognare e piangere, e per questo vale la pena ascoltarlo. «Vivo di emozioni. Sicuramente trasferisco quello che ho ai ragazzi. Una cosa per farla bene la devi sentire».
C’è qualcosa che racconta di sé alla squadra?
«No, non mi piace parlare di me. Ma porto esempi di campioni con cui ho giocato. Di come era cattivo Batistuta negli ultimi ventri metri in allenamento, per esempio. Per arrivare a sognare bisogna fare sacrifici».
Come si motiva un adolescente?
«In Primavera i ragazzi diventano molto più egoisti, vedono la fine del percorso del settore giovanile. Pensano all’io. Invece io parlo di gruppo. Il singolo si eleva e si esalta se c’è un gruppo. Ognuno poi deve avere un obiettivo individuale dentro. Chi si distingue in Primavera prima o dopo arriva».
Voi del Sassuolo vi state distinguendo.
«È il mio quarto anno in Primavera, l’anno scorso abbiamo centrato i play-off per la prima volta. Vogliamo provare a replicare. Mancano cinque partite, abbiamo il destino nelle nostre mani».
Ci può dire il nome di uno che l’ha stupita?
«No: qui conta il gruppo».
Cosa ha trovato a Sassuolo?
«Sono arrivato nel post covid grazie a Palmieri. È un ambiente giusto, una famiglia, un modello. E per un ragazzo c’è la possibilità di fare il salto breve dalla Primavera alla prima squadra».
Ha strategie per solleticare le motivazioni?
«In alcuni periodi sì, mi sono ingegnato. Tipo: video di nostre partite o di parenti che ti parlano di una finale. Oppure cartelli appesi in albergo. Oltre alla tattica, naturalmente, che mi affascina».
Spunti da qualche suo ex mister?
«No, io non sono social, ma lì si vedono grandi discorsi e spunti. Dieci anni fa, a Empoli, proprio contro la Roma nella fine scudetto U17, tappezzai l’albergo di manifesti con frasi particolari».
Di quel gruppo faceva parte anche Mattia Giani.
«Domenica sono stato quattro ore al pronto soccorso. Mattia era un ragazzo solare, allegro, uno dei leader di quella squadra. Sono vicino a tutti, a suo nonno, alla famiglia, a tutte le persone. (Piange ndc) Vivo le cose con emozione. A quel gruppo di Empoli sono particolarmente legato. Mattia era uno di quelli sempre sorridenti, allegri, che vole va arrivare».