Gondo: Ascoli, voglio essere il tuo Drogba

Quattro gol nelle prime tre giornate: incontenibile a Palermo, l’ivoriano ha appena iniziato
Gondo: Ascoli, voglio essere il tuo Drogba© LAPRESSE
Tullio Calzone 
7 min

Cedric Gondo, Ascoli la piazza giusta per mettere radici? 
 «Sì, penso che ci sia tutto per fare bene: squadra, ambiente, città. Mi sono trovato subito bene in questa società». 
 
Bambino in Costa d’Avorio e poi l’arrivo in Italia. Enormi difficoltà e tanti sogni da realizzare: un percorso duro e avvincente. Ci spiega come è andata? 
«Diciamo che è stata un’esperienza complessa. Quando vai in un Paese nuovo, devi adattarti e capire dove sei. Sono arrivato piccolissimo, avevo 7 anni. Ma ho avuto sempre persone che mi sono state vicine. Come Renato Candier che mi ha aiutato e mi ha seguito nel mio percorso iniziale nel mondo del calcio. Ricordo con affetto anche la mia prima maestra, Marianna, le sono grato perché mi ha insegnato l’italiano. Ma ringrazio le tantissime persone che mi hanno accolto e aiutato sin da piccolo qui da voi. Senza dimenticare mai i sacrifici fatti dai miei genitori: papà Samma, mamma Maria Cristina. Eravamo io più quattro fratelli e quattro sorelle, non è stato semplice, ma siamo restati molto uniti. E i primi anni a Treviso sono stati intensi e fecondi». 
 
Quando segna si sente un po’ gondoliere. Un omaggio a Venezia, la città dove vive con la sua compagna Chiara De Napoli, lagunare di Mestre? 
«Diciamo che da piccolo mi chiamavano “gondola” per via del mio cognome. Poi Chiara ha fatto il resto».  
 
L’altro suo grande amore è Gabriele. 
«Mio figlio è un dono. Ha tre anni ed è la felicità di tutta la famiglia. Gli piace già il pallone e giochiamo tanto al calcio insieme». 
 
Ha avuto varie esperienze nel calcio: dalla Ternana ai greci dell’Asteras Tripolis dopo il settore giovanile nella Fiorentina. Ricordi e persone a cui crede di dover essere grato? 
«A Firenze mi portò Renato Candier che mi ha seguito agli inizi (oggi è assistito da Sandro Martone della scuderia Raiola, ndr). In Grecia sono stato con Antonio Donnarumma che mi ha dato tanto dal punto di vista dell’amicizia. Non solo perché Stefania cucinava anche per me».  
 
Deve ringraziare, però, Lotito che l’ha portata alla Lazio e poi ha regalato il suo cartellino alla Salernitana complice il direttore Fabiani. Un’esperienza indelebile quella in granata con il debutto in A. Cosa non ha funzionato, poi? 
«Il direttore Fabiani mi ha incoraggiato moltissimo. Avevo chiesto di andare via, lui mi convinse a restare. Poi è finito un ciclo e hanno voluto cambiare. Mi è dispiaciuto non restare in una società che mi ha dato tanto. Devo molto a Salerno e alla sua gente che porto nel cuore». 
 
Col presidente Pulcinelli, invece, come è stato l’approccio? 
«Una persona speciale, dal punto di vista umano è difficile trovare nel calcio uomini così. C’è stato subito feeling tra di noi e con l’ambiente». 
 
Da Ventura a Castori, due modi diversi di intendere il calcio. Chi ha esaltato di più le sue caratteristiche? 
«Ho imparato da entrambi. Con l’ex Ct si giocava più in ampiezza. Mister Fabrizio cercava sempre la profondità. Approcci diversi, ma debbo essere riconoscente a entrambi per la fiducia che mi hanno concesso e le cose che mi hanno insegnato». 
 
Bucchi si rivede in Gondo, anche l’attuale suo tecnico nell’area di rigore lasciava il segno. Lo sa? 
«Certo. Abbiamo un ottimo rapporto. È un grande allenatore, vuole che stiamo sempre sul pezzo e se abbassi l’impegno si fa sentire. Cerca quella mentalità che è fondamentale in questo campionato». 
 
Intanto ha già a segnato 4 gol in 3 giornate di e la prima tripletta in carriera. Un segno del destino? 
«Ho la voglia giusta e la squadra mi assiste tantissimo. Non è facile dopo tre settimane di lavoro fare subito bene. Ma la B è lunga. E questi quattro gol sono già alle spalle: conterà il prossimo». 
 
Qual è la vera qualità di Gondo? 
«Attaccare la profondità. Muovermi per creare spazi per gli altri». 

I compagni di squadra più importanti che ha avuto finora? 
«Non ce n’è uno in particolare, ho legato con tutti. Con Djuric ci capivamo in un attimo perché abbiamo giocato tanto insieme. Franck Ribéry ci motivava continuamente, provando a trasmetterci la grande mentalità del campione qual è. Ma anche tanta umiltà. Comunque sto imparando tanto anche ad Ascoli da Federico Dionisi che mi dà consigli preziosi. E questo è importante per me che voglio crescere e migliorare ancora tanto». 
 
Perché non è andato a Perugia dove avrebbe ritrovato il suo mentore Castori? 
«È stata una scelta personale. Sì, mi ha cercato anche il ds Giannitti e ringrazio mister Fabrizio per la stima che ha per me. Ma a volte nel calcio bisogna prendere altre strade. Ho preferito Ascoli, dove starò benissimo». 
 
La sua città natale si chiama Divo. Ma i suoi atteggiamenti non sono mai ispirati al protagonismo e agli eccessi. Cedric, il campione della semplicità? 
«I miei genitori mi hanno insegnato che la semplicità e la normalità vengono prima di tutto. Come i valori cristiani che mi hanno trasmesso». 
 
Il suo attaccante ideale qual è? 
«Sono ivoriano e sono cresciuto con Didier Drogba che era il mito dei bambini come me. Ma mi piacciono anche Higuain e Luis Suarez. E appeno posso rubo il mestiere a tutti». 
 
L’obiettivo è tornare a giocare in A, magari con l’Ascoli? 
«Ne ho ancora tanti di sogni da realizzare. Per ora voglio solo crescere come calciatore e come persona. E dare una mano all’Ascoli. A Salerno e a Cremona è stato bellissimo conquistare la massima serie. Aiuta a farti maturare e a credere in te stesso. La voglia di vincere può farti perdere, però. Con Daniel (Ciofani, ndr) abbiamo capito che avremmo potuto farcela lo scorso anno alla Cremonese nonostante il batticuore finale quando la promozione non dipendeva più solo da noi. Ma ci abbiamo creduto sino alla fine. Ecco perché non bisogna mollare mai». 
 
Ivoriano con cittadinanza italiana: pronto, eventualmente, a vestire anche la maglia dell’Italia se Mancini la chiama? 
«Ci ho pensato, ma il mio sogno è la nazionale ivoriana. Certo l’azzurro è un’icona nel mondo del calcio e sono riconoscente a questo Paese che è anche un po’ mio. Ma sono nato in Costa d’Avorio». 
 
Ai tifosi marchigiani cosa sente di poter promettere? 
«È difficile sempre fare promesse. Ma se i nostri tifosi continueranno a starci vicino e a spingerci possiamo solo fare bene». Parola di Cedric, l’uomo dei sogni da realizzare!


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