Cristiano Lucarelli: "La mia Ternana ha il fuoco dentro"

Capolista a sorpresa dopo cinque successi di fila, l’allenatore delle Fere sta conquistando tutti. Anche il vulcanico presidente livornese
Cristiano Lucarelli: "La mia Ternana ha il fuoco dentro"© LAPRESSE
Tullio Calzone
8 min

Cristiano Lucarelli che effetto fa essere davanti a tutti lassù?
«In questo momento non stiamo dando importanza alla classifica. Il metodo, mio e dello staff, è quello del micro-obiettivo: il massimo da ogni partita. E’ saggio e producente fare così. Dopo nove giornate non avrebbe senso fare diversamente. Ci sono compagini strutturalmente ed economicamente più forti. Ma siamo riusciti a fare squadra e siamo già, evidentemente, più gruppo degli altri. Altrimenti non saremmo primi».

Essere primi a quasi 20 anni dall’ultima volta in B è una bella soddisfazione. Ma non può bastare. Vero?
«Bisogna sempre stupire e per farlo c’è da lavorare e migliorare. Ho la fortuna di avere una società ambiziosa. L’organizzazione e la programmazione fa parte della cultura della Ternana».

L’acqua e il fuoco del presidente Bandecchi hanno fatto effetto quasi quanto i suoi consigli tattici. Lei è un allenatore bravo e tollerante. Non crede?
«Perché tollerante? Penso che la convivenza con Bandecchi abbia dimostrato che invecchiando io sono diventato molto più saggio di quanto fossi da giovane. Anche se nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato sulla nostra coesistenza. Ma il patron è un grande motivatore e le sue esternazioni sono sempre state indirizzate a farci dare tutto e di più».

Il concetto del suo calcio a cui non rinuncerebbe mai qual è?
«Il concetto base è sempre quello offensivo ma con una grande disponibilità a difendere da squadra».

Qualità, intensità e organizzazione: la sua Ternana sembra mettere insieme tutte queste qualità in un mix perfetto. Conviene?
«Noi cerchiamo di lavorare per far bene tutto. Ma poi c’è anche l’avversario e non sempre si viene premiati anche perché la cultura del risultato è imperante. Al primo posto, comunque, metterei l’intensità, poi l’organizzazione e infine la qualità. E’ il mio podio».

Rispetto a un anno fa cosa è cambiato nella sua Ternana che prima stentava e sollecitava interventi clamorosi di Bandecchi, uno che non le manda a dire, e oggi vola?
«Il campionato dei record in Serie C credo avesse fatto pensare che la nostra identità fosse ormai definita. Ma la B non è la stessa cosa e abbiamo avuto bisogno di tempo nell’adattamento e per capirlo. Tuttavia, anche nella scorsa stagione abbiamo fallito i playoff per colpa di un rigore contro il Frosinone che non c’era. E, dunque, abbiamo fatto un grande campionato».

Il suo assetto ad albero di Natale si ispira ad Ancelotti: un modello perfetto da inseguire o cosa?
«Non scomoderei un paragone così impegnativo. La Ternana, in realtà, s’ispira alle caratteristiche dei giocatori che ha. In C giocavamo con il 4-2-3-1 con il vertice alto, in B abbiamo capovolto e giochiamo con il vertice basso. Risposte diverse a situazioni differenti e complesse. Non mi piace essere succube di una sola cultura tattica».

Gli allenatori a cui Lucarelli deve di più?
«Da tutti ho cercato di prendere il meglio e di eliminare il peggio. Quelli che mi hanno appassionato maggiormente sono stati Mazzarri, che ho avuto a Napoli due anni, mentre per la gestione del gruppo Mazzone rimane inarrivabile. Ma ci sono stati anche Ranieri, Guidolin, Ulivieri, Mondonico, Cavasin, Camolese, Di Carlo, Cuper, Colomba, Donadoni e Lippi in Nazionale. Insomma tanti altri… ».

Lei ha innescato la crisi del Perugia che ha mandato il Grifo in un frullatore. Da ex un po’ di rammarico?
«Non entro in queste dinamiche, preferisco dare più valore al campo. Aver reso felici i nostri tifosi ternani, ovviamente, mi ha dato piacere. Poi, io non ho fatto la storia del Perugia, ci ho giocato nelle giovanili».

Il Livorno, invece, è indelebile nel cuore visto che lo segue in curva a dorso nudo sugli spalti da ultras inguaribile. «Seguo sempre il Livorno anche perché ci gioca mio figlio Mattia da difensore e vado a vederlo quando posso. Domenica faceva caldo e negli stadi di Serie D non esistono sempre le tribune centrali e sono andato in mezzo ai tifosi livornesi. Sentendomi, ovviamente, a mio agio».

Il Napoli pronto per vincere finalmente il campionato?
«Assolutamente sì. Una città che è nel mio cuore. E Spalletti è un amico. Esprimendosi su questi livelli potrà giocarsela sino in fondo per il titolo, meritatamente. Poi, c’è l’incognita della sosta, ma esisterà per tutti. Ma il calcio da un po’ di anni si è avviato verso il business e si è allontanato, purtroppo, dalla gente. E questo non mi sorprende. Ecco perché mi piace il calcio di una volta. Diciamo che sono un po’ nostalgico, però, senza fraintendimenti».

La crisi della Juve è fisiologica o un segno dei tempi?
«E’ fisiologica. C’è stato un blocco di calciatori importanti che ha garantito per tanti anni solidità. Ma gli anni passano per tutti. Anche altre squadre hanno sofferto la transizione. Ma poi la Signora ritornerà a vincere. Allegri non funziona più? Credo che i problemi dipendano dal fatto che siamo alla fine di un ciclo, non da un allenatore che ha già ottenuto tantissimi successi. Servirà un nuovo blocco».

Si vede più emulo di José Mourinho o di Maurizio Sarri?
«Hanno metodologie e visioni diverse. Ma per me, che resto un aspirante allenatore, sono due punti di riferimento importanti. L’ideale sarebbe trovare una sintesi tra ampiezza e profondità. Con la Ternana ci provo sempre, ma dipende dalle partite e dagli avversari, naturalmente».

In B chi arriva alla fine davanti a tutti?
«In questo momento ci sono squadre che sono indietro. Ma non è escluso che non rientrino nel giro di vertice. Come il Benevento che è fortissimo. Noi siamo degli intrusi. Ma le grandi attese sono tutte lì davanti. Ci sono almeno 11 o 12 antagoniste che possono competere per la A. Vedremo alla fine. La Ternana ha un gruppo unito che gioca insieme da tempo. Se recuperiamo anche gli infortunati (Agazzi, Coulibaly, Favilli, Capuano e Falletti dopo Pettinari rientrato da poco ndr) possiamo resistere lassù. In B mai fatte 5 vittorie di fila nella storia del club in cadetteria? Un segnale preciso anche questo».

Tanti tecnici Mondiali, ma in B è tutta un’altra storia. O no?
«Da qualche parte bisogna cominciare. Io ho scelto la strada della gavetta. Ho fatto un percorso dal basso, dal settore giovanile del Parma, sino alla C e alla B. Ma il ct Mancini ha dimostrato che si può fare bene anche dall’alto».

Il miglior calcio chi lo gioca?
«Non è facile per nessuno giocare bene in B. Bisogna essere pratici e continui. Puoi perdere anche contro l’ultima in classifica. Ecco perché io mi appassiono a ogni avversario».

La retorica sui giovani non l’ha mai convinta. Ci spiega meglio perché?
«Il calcio italiano è del tutto diverso dagli altri campionati dove certe pressioni non esistono. La maggior parte delle energie psicofisiche sono assorbite da altre cose qui da noi. Ma i giovani forti, quando ci sono stati, ci hanno fatto vincere sempre. Credo che i concetti non vadano forzati. Le quote creano solo illusioni e disoccupati. Bisogna meritarsele certe aspettative. Altrimenti diventano una fabbrica di sogni impossibili con un impatto imprevedibile anche sul sociale».

Tifosi impazziti per le Fere. Anche a Benevento in tanti. Cosa sente di poter promettere alla sua gente?
«L’unica cosa che possiamo assicurare è lavorare con lo stesso attaccamento sino alla fine. Sapendo che non sarà sempre possibile: nel calcio esistono tre risultati. Ma la passione, il cuore e la lotta non verranno mai meno».


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