Il Porto ha capito che Otavio non rinnoverà il contratto. Anche l’ultimo invito è stato respinto: un silenzio che vale più di una risposta. Inutile fissare altri appuntamenti: non esiste un’offerta che gli farebbe cambiare idea, come aveva già anticipato qualche mese fa Jerónimo Soares, il suo manager, che nel 2014 gli aveva fatto lasciare il Brasile e la maglia dell’Internacional per volare in Portogallo. Otavio è diventato un problema per il presidente Pinto Da Costa, che lo aveva blindato con una clausola da sessanta milioni e ora rischia di salutarlo con una stretta di mano, bruciando un patrimonio. Situazione insolita e paradossale per un club abituato a collezionare plusvalenze: da Falcao a Hulk, da James Rodriguez a Eder Militão, da Mangala al baby Fabio Silva, diciotto anni e tre gol nel Wolverhampton.
La Roma è entrata in azione: l’idea nasce da Tiago Pinto, il nuovo direttore sportivo scelto dai Friedkin. Otavio è un trequartista che in Europa ha vissuto una brillante evoluzione: ha cambiato abito, è stato trasformato in mezzala, conservando gli spunti di qualità di un numero dieci e acquisendo l’intesità di un centrocampista moderno, completo, in grado di governare il gioco e di partecipare al pressing. Ha venticinque anni, l’età giusta per salire un altro gradino. Il campionato italiano gli piace, lo affascina. La Roma pensa a Otavio per luglio: un affare a costo zero. Proprio come Gonzalo Montiel, terzino destro del River Plate di Gallardo, arrivato alla semifinale di Coppa Libertadores e atteso dalla doppia sfida con il Palmeiras.
Il Porto vuole convincere il brasiliano ad accettare una cessione a gennaio, ma neppure questa strada ormai non sembra più praticabile. Otavio e il suo procuratore Jerónimo Soares puntano a scegliere il nuovo club senza condizionamenti. Non c’è solo la Roma: sono arrivate offerte dal Siviglia, dal Napoli e dall’Olympique Lione. Ma Tiago Pinto si è guadagnato una posizione di vantaggio. Lo ha seguito a lungo quando lavorava nel Benfica, lo considera il profilo ideale per agevolare il processo di crescita della Roma. Otavio ha esperienza e maturità, ha vinto due campionati con il Porto, oltre a una Coppa e una Supercoppa.
Sergio Conceição gli ha consegnato le chiavi del centrocampo. E l’ex portiere Iker Casillas, che lo ha conosciuto a Oporto, lo ha consigliato ai suoi vecchi amici del Real Madrid: “E’ un grande giocatore”. Un metro e 72, destro naturale, 164 partite, 17 gol e 42 assist con la maglia numero 25 dei Dragões. Può essere tesserato da comunitario: è in possesso di due passaporti, brasiliano e portoghese. E’ stato allenato a Oporto anche da Nuno Espirito Santo, altro suo maetro, che lo aveva inserito qualche tempo fa nella lista degli acquisti del Wolverhampton e sognava di portarlo in Premier.
Otavio è nato a João Pessoa il 9 febbraio del 1995. E’ arrivato al Porto nel 2014. E’ stato tesserato, all’inizio, dalla squadra B, prima di essere ceduto in prestito al Vitoria Guimarães per un anno e mezzo. È tornato al Dragão nel 2016. Casa e pallone: una vita da professionista. Mai un ritardo al campo, mai una frase polemica. Era uno dei talenti dell’Internacional: fu acquistato per due milioni e mezzo di euro, nell’accordo siglato era stato promesso al club di Porto Alegre il 10% della futura cessione del centrocampista.
E’ molto legato alla sua famiglia. Sul braccio destro si è fatto tatuare il nome della mamma (Claudia) e dietro al collo si legge la data di nascita del suo nonno più amato (11-10-37), venuto a mancare di recente. Ha lasciato presto la sua città, João Pessoa, nello stato del Paraìba. L’Internacional lo ha scoperto nel 2009, quando aveva quattordici anni. A Porto Alegre abitava prima nel convitto del club biancorosso e poi in un appartamento all’ottavo piano di un palazzo nel quartiere di Beira-Rio. L’affetto dei suoi genitori, però, non gli è mai mancato: Claudia da Silva e Otavio Monteiro andavano spesso a trovarlo a Porto Alegre.
Da bambino giocava a futsal. In famiglia, ma anche i compagni, lo hanno chiamato sempre Otavinho o Tavinho. Nell’Internacional aveva tre punti di riferimento: l’ex romanista Juan, leader del gruppo, il difensore Indio e l’argentino Andres D’Alessandro. “Sono un tipo casalingo, di solito non esco, posso andare a pranzo o a cena fuori, ma la mia vita è assolutamente normale”, ha raccontato in passato a GloboEsporte. Otavio è stato allenato nell’Internacional da Clemer, Dorival Junior, Fernandão, Dunga e Abel Braga. Nel Porto si è imposto, preziosa anche l’esperienza vissuta in prestito al Vitoria Guimarães. Due gol e tre assist in questo campionato: ha segnato al Maritimo e al Paços Ferreira. “Devo ringraziare Sergio Conceição, mi ha fatto migliorare a livello tattico. Mi ha reso un giocatore più europeo”, ha detto Otavio in un’intervista rilasciata alla tv ufficiale del Porto. “Sono arrivato qui molto giovane. Avevo alle spalle solo due anni da professionista nell’Internacional. In Portogallo ho realizzato il desiderio di giocare in Champions”. Ricordi e affetto, ma mai la tentazione di firmare un nuovo contratto. La Roma avanza.