Ayrton Senna, l'ultima intervista nel maledetto weekend di Imola

Venerdì 29 aprile 1994, alle 15, l’ultima domanda che viene posta dai cronisti risuona drammatica: "Perché non vi rifiutate di correre?"
Fulvio Solms
5 min

Aryrton, avevi detto che il campionato comincerà qui a Imola. Hai mantenuto la promessa: record della pista e pole position provvisoria.
«Non vuol dire molto, la pole provvisoria mi fa piacere ma non posso dire che vada tutto bene. Oggi è stato un giorno atipico per l’incidente di Rubens, e anche per le condizioni del circuito nel pomeriggio: faceva molto caldo e c’era vento, un vento molto strano, e questi due fattori rendevano le macchine molto instabili e imprevedibili. In tanti si sono girati o hanno avuto incidenti perché le vetture avevano reazioni imprevedibili».

La tua Williams?
«Come le altre, molto difficile da guidare, ma credo che per nessuno sia stato facile questo pomeriggio. Però non importa, dobbiamo vedere se riusciamo a controllare un po’ questo problema nel caso in cui la situazione non cambi domani e domenica».

L’incidente di Rubens?
«È stato bruttissimo e fortunatamente sembra che le conseguenze siano molto minori di quanto potevano essere. Però è stato bruttissimo».

Tu sei andato da lui: sei riuscito a vederlo, a parlargli?
«Sì, Rubens era conscio, gli avevano già fatto i primi controlli medici e sembrava tutto ok. Però sembra che abbia perso conoscenza all’inizio dell’incidente: non si ricordava di quello che era successo, vuol dire che ha subito un forte choc».

Un giudizio sulla dinamica dell’incidente.
«Non l’ho visto l’incidente, ero in pista in quel momento e poi nelle riprese l’ho visto male. Però per me la condizione della pista nel pomeriggio era molto pericolosa per la temperatura che fa soffrire molto le gomme e per il vento, che in quel punto spinge la macchina fuori traiettoria. E non c’è area di fuga: se prendi un cordolo a metà curva voli dall’altra parte, esattamente come è successo a lui».

Parliamo dei tempi: la Ferrari è molto più vicina alla Williams.
«Come ci si aspettava: loro dovevano andar bene, questa è la loro pista, hanno un motore molto potente, il che a Imola è sempre importantissimo, e poi qui hanno provato più di tutti gli altri. Hanno fatto una bella prestazione, come avevamo previsto ieri. Dovevano essere vicini a Williams e Benetton, e infatti lo sono».

Imola sembra una pista adatta a te.
«Eh, spero di sì».

Più temibile Schumacher o la Ferrari?
«La Benetton, per la corsa. È la macchina più equilibrata, lo ha già confermato con due vittorie».

Nelle prove di marzo avevi parlato di pista abbastanza pericolosa in alcuni punti. Oggi ci hai detto che l’incidente può essere stato causato dalle condizioni del tempo ma la pista è variata, è cambiata?
«No, la pista è la stessa, non c’è niente di diverso. Quello che è successo... non è che non hanno fatto lavori, ma in quel punto non c’è molto da fare. È così da quando ho corso qui la prima volta, nell’84, credo che sia così da vent’anni, non so».

Sei andato a trovare subito Barrichello: ti sei preoccupato?
«È mio amico, è amico mio e... niente, è normale, non c’è niente di eccezionale in questo, è normale».

Un’interruzione così drammatica durante le prove, il fatto di andar lì, di vedere, di tornare in pista, che tipo di sensazioni lascia? Lascia qualcosa oppure no?
«È brutto. Brutto, però...».

Christian Fittipaldi diceva che forse è un po’ troppo alto il cordolo esterno, tra l’altro (Barrichello) avrebbe potuto finire in mezzo al pubblico.
«Sì, sicuro. Ci sono determinati posti, in tutte le piste del campionato, che non sono davvero in grado di assorbire certi incidenti. Non è una caratteristica solo di Imola, è una situazione che si trova in tutte le sedici prove: in qualsiasi circuito c’è almeno un punto che non è sicuro per le velocità che facciamo, e per particolari dinamiche di incidenti che possono succedere».

Ai suoi tempi Stewart, e poi altri dopo di lui, avevano preso a cuore la situazione dei circuiti. Fortunatamente adesso, rispetto ad allora, si muore di meno in pista: però non c’è una presa di coscienza vostra, di voi piloti? Nessuno si fa partecipe per poter controllare e dire eventualmente «qui non corriamo», o è il business che vi fa tacere?
«Guarda... (lunghissima pausa) Ho avuto già tanti problemi nel mio passato cercando di fare cose che mi sembravano giuste. Preferisco non farmi coinvolgere nel discorso perché sono l’unico campione del mondo che resta ancora in attività. E l’esperienza mi ha insegnato che è meglio star zitto».


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