Ferrari Daytona SP3, Icona da due milioni di euro

La nuova serie limitata del Cavallino Rampante è isipirata alle storiche Rosse che hanno corso nella categoria Sport Prototipi negli anni ’60. Solo 499 esemplari, tutti venduti
Ferrari Daytona SP3, Icona da due milioni di euro
Pasquale Di Santillo
9 min

Le forme del passato evolute, rielaborate nella sostanza del presente e indirizzate nella dimensione del futuro. È difficile non emozionarsi di fronte alla bellezza tradotta in un oggetto capace di abbracciare epoche così lontane, facendolo allo stesso tempo sentire vicinissimo.

La Ferrari Daytona SP3 non è la solita, per quanto splendida Rossa, da portare sule strade glamour di Montecarlo o in pista a scaricare il suo V12 da 840 cv e 2”85 per il più tradizionale degli zerocento. Piuttosto, è l’espressione migliore di un design post moderno, l’ennesima scultura in movimento disegnata dal capo delle forme di Maranello, Flavio Manzoni e dal suo team, con le molteplici anime di cui è composta. Capace di travalicare il concetto di automobile per sistemarsi comodamente fra gli oggetti d’arte come sostiene lo stesso Manzoni.

Emozione totale

Un po’ bolide spaziale per missioni speciali e, appunto, già pronto per essere esposto al MoMa o al Guggenheim di New York, un po’ gioiello di utilizzo quotidiano per pochi privilegiati (499 i fortunati che hanno già esaurito la tiratura limitata) per quanto pensato e realizzato con tutte le accortezze e gli espedienti tecnologici di una monoposto da competizione. E, in fondo, è proprio questo il fil (inevitabilmente) rouge che unisce tutto il progetto, a cominciare dal nome. Così, dopo Le Ferrari Monza SP1 e SP2, la terza figlia della famiglia Icona nata a Maranello nel 2018, la Daytona SP3, in versione “Targa” è profondamente ispirata al mondo degli Sport Prototipi anni ’60.

E più specificatamente a quell’impresa del 6 febbraio 1967, quando alla 24 Ore di Daytona, il team Ferrari, guidato da un giovane ingegnere di nome Mauro Forghieri, piazzò tre sue vetture (330 P3/4, 330 P4 e 412 P) ai primi tre posti, con tanto di arrivo in parata, alzando la “coppa in faccia” a Henry Ford e ai suoi. Insomma, la vendetta del patron Enzo dopo lo “schiaffo” patito a Le Mans l’anno precedente.

E non ci poteva essere migliore location che quella del Mugello - dove sono in corso le finali Mondiali Ferrari - per condensare un simile concentrato di emozioni.

Oggetto d'arte

"Pensate - ha raccontato Enrico Galliera, direttore Marketing Ferrari - che in questa settimana abbiamo fatto vedere la vettura ai nostri 300 clienti selezionati del programma Icona e abbiamo visto persone piangere dall’emozione. Non ce l’aspettavamo nemmeno noi. La parola più ricorrente era “speachness”, cioè senza parole".

E il colpo che arriva alle sinapsi del cervello attraverso gli occhi quando scoprono l’ultima creatura del Cavallino Rampante a Villa Cosa, gioiello dell’800 fiorentino, è davvero forte. Una sintesi perfetta di epoche diverse, lontane e, appunto, vicine. "Per una volta - ha spiegato Manzoni - abbiamo avuto carta bianca, liberi da vincoli, dando priorità al design. E per noi è stato godimento puro, proprio perché volevamo realizzare qualcosa che andasse al di là dell’essere un’automobile. Se la Ferrari Roma è una F.1 in abito da sera, questa è un oggetto d’arte. Ci sono molto affezionato, forse è la più bella di sempre". Concordiamo.

Approccio modernista

Anche perché la missione è riuscita alla perfezione. Grazie all’approccio modernista, alla reinterpretazione tecnologica del passato, della storia, piuttosto che al semplice rifacimento retrò. E così, ecco Daytrona SP3 stupire con quei possenti e sensuali parafanghi anteriori, quasi sostenuti dalla griglia dove all’estremità spiccano due ali ben mimetizzate (tipo quelle delle MotoGP), elementi integrati per canalizzare l’aria. La cabina racing decisamente ribassata, come in una sorta di aviogetto, incastonata nella vettura con il posteriore che dà la sensazione di essere un carrello agganciato. E che carrello! Con quelle sciancrature delle fiancata accentuate dai radiatori laterali, definiti camini, continuazione razionale delle prese d’aria anteriori, che come due narici, trovano nel geniale sportello ad alzata laterale il canale di sfogo che porta il flusso d’aria fino ai radiatori stessi fino all’evidente “muscolarizzazione” delle fiancate. Tutto funzionale a un’aerodinamica integralmente passiva, privo com’è di elementi attivi, che si completa con lo spoiler e il possente posteriore capace di esprime tensione totale e dinamismo, il terminale di un capolavoro nel capolavoro. Con quelle lamelle che fanno quasi griglia elegante e dove dopo la prima è stato sistemato con una sottile linea di Led a tutta larghezza il gruppo ottico posteriore. Un artificio che nell’anteriore si esprime con una sorta di “palpebra” che nella parte sottostante diventa sede ideale delle luci anteriori.

Sdraiati alla guida

Negli interni della Ferrari Daytona SP3 siamo di fronte a scelte estetiche proporzionate, con la cabina che è una cellula unica, pensata come un drappo appoggiato sul telaio e in grado di prenderne le sue forme, la plancia è da aereo e regala una grande sensazione di accoglienza, decisamente avvolgente. Un cockpit così congegnato è fisso, non si sposta: le regolazioni dell’assetto di guida dipendono infatti dalla pedaliera che avanza e arretra e dal volante. Di fatto, si guida quasi sdraiati, con l’asfalto non troppo lontano, ma il comfort sembra totale anche in un’altezza ridotta ai minimi termini, portata addirittura a 1.142 mm.

Il display curvo è quello di ultima generazione da 16 pollici con l’’80% delle funzioni gestibili dal volante.
Il portabagagli praticamente è inesistente, quel poco spazio di cui dispone è infatti riservato alla capote di emergenza in tela. Quella originale è rigida, in fibra di carbonio ma si deve mettere o togliere all’occorrenza, non entra nell’apposito vano. Gli pneumatici? Pirelli PZero Corsa.

V12 da urlo

L’aspetto tecnico, per una volta messo in secondo piano rispetto al design, parla una lingua conosciuta a Maranello. È quella del V12 (di 65°) sistemato in posizione posteriore-centrale da 6,5 litri, 840 cv e 729 Nm di coppia massima già visto sulla 812 Competizione, con il suo 129 cv/litro da record. Il più potente del genere mai realizzato a Maranello. Un gioiello che garantisce 2”85 nello 0-100 km/h, 7”4 nello 0-200 km/h, 340 km/h di velocità massima e tutto allo stupefacente regime di giri che tocca quota 9.500, in grado di far sorridere gli appassionati del genere con il suo sound inconfondibile. "Per arrivare così in alto - spiega Michael Leiters, Chief technology officer di Ferrari - abbiamo dovuto generare un profilo delle canne di aspirazione adeguato, particolarmente aggressivo, e poi lavorare molto sugli scarichi per efficientare la combustione. E questo ci ha consentito di trovare equilibrio, bilanciamento tra anteriore e posteriore. Con l’aria aspirata dal fondo e poi espulsa dai due camini che viene “pulita” dallo spoiler posteriore".

Contaminazioni

L’architettura della Daytona SP3, arriva dalla supercar ibrida LaFerrari ed è realizzata in materiali compositi provenienti dalla Formula 1. Non a caso, l’ultimo capolavoro di Maranello è leggerissimo, con il peso totale della vettura che non supera i 1.485 kg. Alcuni materiali utilizzati sono addirittura compositi di derivazione aeronautica, coma la fibra di carbonio T800, mentre il kevlar è usato nelle parti più bisognose di protezioni e resistenza.

Già esaurite

La Daytona SP3 verrà prodotta in tiratura limitata, appena 499 pezzi, tutti già piazzati alla cifra (per l’Italia) di 2 milioni di euro (iva compresa). La produzione inizierà entro fine anno e le prime consegne dovrebbero essere fatte a fine 2022 per proseguire per tutto il successivo biennio. Le opere d’arte, come certe vetture, si fanno aspettare. E pagare. Un'ultima notizia: non sarà mai elettrica.


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