Roberto Squadrone: "Berrettini, ora arriva il difficile"

Parla lo storico preparatore fisico del tennista romano campione a Stoccarda
Roberto Squadrone: "Berrettini, ora arriva il difficile"© EPA
Ronald Giammò
4 min

In salute e in malattia. Nella buona e nella cattiva sorte. Non è un giuramento, ma poco ci manca, quello che lega Matteo Berrettini a Roberto Squadrone, attuale responsabile della sua preparazione fisica e al suo fianco da quando di anni il romano, fresco vincitore a Stoccarda, ne aveva 15. «Lui è abituato a fare questo percorso, io ero con lui quando a 15 anni si fratturò tibia e perone», ricorda. Da allora altri infortuni hanno funestato la carriera dell’azzurro ma lui «è andato sempre migliorando, con la consapevolezza che quanto accaduto nel passato gli avrebbe dato la spinta per sopportare un nuovo stop». 

  
Come avete affrontato questo periodo? 
«Siamo stati “fortunati”, era un infortunio che non gli ha impedito di muoversi, eccezion fatta per le prime due settimane. Non potendo giocare a tennis, abbiamo sostituito la racchetta con giochi ed esercizi che riproducevano i movimenti sul campo: un lavoro a secco, con sessioni anche di due ore, tra calcio tennis e altri esercizi di reattività e coordinazione». 
 
Impugnata di nuovo la racchetta su cosa vi siete concentrati? 
«Quel momento lo abbiamo preparato prima in palestra con il fisioterapista, svolgendo un lavoro di rafforzamento per mano, polso e gomito affinché fossero pronti a sostenere lo sforzo. Il problema non era la mano o il dito, ma ridare stimoli all’arto per quando avrebbe impugnato la racchetta, così che il processo fosse più veloce. Dopo pochi giorni Matteo è stato in grado di giocare con una certa intensità perché il grosso del lavoro era stato fatto durante le cinque settimane in cui non poteva farlo».  
 
Tempi medici di recupero e tempi di recupero del giocatore coincidevano? 
«Appena ripresa la racchetta non pensava di farcela a tornare in così poco tempo. Dopo i primi giorni, eravamo a metà maggio, piano piano ha capito invece che era possibile. Resosi conto dei progressi e intravisto l’obiettivo, l’entusiasmo ha moltiplicato i suoi sforzi. E pensare che all’inizio non credeva nemmeno di rientrare in tempo per lo swing sull’erba». 
 
E l’aspetto mentale? Quanto ha pesato l’eredità dei vecchi infortuni? 
«Sono momenti in cui Matteo ciclicamente incappa. Noi li sfruttiamo per introdurre cose che non riusciamo a fare durante la stagione: preparazione o altro, il tutto tenendo a mente presente e futuro. Per quanto grave possano sembrare all’inizio, gli infortuni si superano e nel tennis di oggi sono all’ordine del giorno. Dovrà conviverci anche perché lui è uno che non si risparmia mai, non si accontenta, non lascia mai una partita e rischia sempre tutto». 

Stupiti del risultato di Stoccarda ? 
«Io no, anche perché sapevo che sull’erba lui si trova particolarmente bene. E’ uno dei giocatori che ci ha giocato più partite, a parte Djokovic. Gli altri partivano tutti da zero. Fisicamente stava molto bene, l’incognita era la partita ma superate le prime difficoltà è andata bene. Non avevo dubbi. Adesso viene il difficile, perché mentalmente dal prossimo torneo (oggi il debutto al Queen’s di Londra, che ha vinto lo scorso anno, contro il britannico Daniel Evans; ndr) è come se non avesse fatto nulla e capiremo anche la sua condizione». 
 
Come procederete ora?

«Navighiamo a vista, vediamo quante partite riuscirà a giocare prima di Wimbledon. Farà il Queen’s e poi si allenerà per Wimbledon. Di solito finito il torneo andava in vacanza, ma quest’anno giocoforza dovrà disputare qualche partita in più. Però ripeto, navighiamo a vista, dipenderà tutto dal numero di partite che riuscirà a mettere in fila».


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