Sinner, sei sulla strada giusta

Sinner, sei sulla strada giusta© Getty Images
Massimo Grilli
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«Se riuscirai a confrontarti con Trionfo e Disastro, e trattare allo stesso modo questi due impostori...». Chissà se Sinner ha mai sentito parlare della poesia “If” - che Rudyard Kipling scrisse nel 1910 - e se conosce queste rime, poste all’ingresso del Centre Court dell’All England Club, chissà se ha potuto dargli uno sguardo negli ultimi emozionati passi che separano i giocatori dalla porta del tempio del tennis mondiale. Ieri Jannik ha conosciuto davvero da vicino i due “impostori” evocati dall’autore de “Il libro della giungla”, assaporando il gusto della possibile vittoria sul sei volte campione di Wimbledon e dovendo poi digerire il fiele di una rimonta amarissima e purtroppo mai in discussione. 

Ma non è certo di disastro che stiamo parlando in queste ore. Quando analizzerà più nel dettaglio con il suo staff la partita, Sinner non potrà che ripartire da quei primi 90 minuti di abbagliante bellezza, con il ragazzo che sembrava lui Djokovic, dominando da fondo campo, muovendosi e scivolando sull’erba con la grazia di un ballerino, difendendosi attaccando, mentre il campione serbo appariva per una volta retrocesso a semplice comprimario, come abbiamo visto negli ultimi anni succedere solo in alcune sfide contro Nadal. Due set straordinari che hanno confermato l’ottimo lavoro compiuto in questi mesi da Vagnozzi - che da parte sua ha sfiorato il bis personale contro Djokovic, battuto dal “suo” Cecchinato nei quarti del Roland Garros 2018 - su cui adesso si innesterà anche il contributo di un coach importante come Darren Cahill, e non possiamo nemmeno escludere che il cammino fino ai quarti di Jannik - che non aveva mai vinto sull’erba prima di Wimbledon - non sia già, almeno in parte, merito dell’australiano.  
Ci sarà da riflettere, invece, sul motivo del netto calo fisico accusato negli ultimi tre set. Che Sinner abbia bisogno di potenziare la sua muscolatura è cosa nota. Quando sarà in grado di limitare al minimo le pause e i cali di rendimento, quando saprà trasformare quei 90 minuti di tennis spaziale in tre ore o anche più, allora anche gli ultimi giorni di gare nei tornei dello Slam non gli saranno più negati. E soprattutto, chiediamo aiuto ancora a Kipling, «sarai un Uomo, figlio mio!»


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