Darren Cahill: "Sinner può tutto, l'Olimpiade è la priorità"

Il supercoach che lo allena con Vagnozzi racconta tutti i segreti dell'azzurro
Alessandro Nizegorodcew e Lorenzo Ercoli
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«Non sono sorpreso del livello raggiunto da Sinner in queste settimane. Conosco il tennis che può esprimere e quello che potremo vedere in futuro. Ha ancora ampi margini di miglioramento e, proprio per questo motivo, lavorare con Jannik è esaltante». Musica e parole di Darren Cahill, ‘supercoach’ entrato nel team Sinner da un anno e mezzo ormai. Ex n. 22 ATP e allenatore, tra gli altri, di Andre Agassi, Lleyton Hewitt, Andy Murray e Simona Halep, è stato fondamentale nella crescita di Jannik, che ha scelto di affiancare la sua (potenzialmente ingombrante) figura a Simone Vagnozzi. La verità è che il connubio tra Cahill e il tecnico ascolano ha funzionato sin dal primo giorno. «Affinché due allenatori lavorino bene insieme è necessario, prima di tutto, che siano disposti a collaborare, a inserire delle regole e a sostenersi a vicenda. E così è stato. Simone è la prima voce, il ‘main coach’, ed è per me un onore lavorare al suo fianco. Credo che tra 20 o 30 anni ne parleremo come di uno dei migliori coach del circuito».

Nella sua esperienza da giocatore e allenatore, quanti tennisti ha visto così forti, maturi e determinati all’età di Sinner?
«Pensando al passato mi vengono in mente gli svedesi Borg e Wilander o alcuni australiani tra cui Cash. La pressione dei grandi palcoscenici non li schiacciava ma, anzi, li spingeva a far meglio. Ed è quello che è accaduto in Coppa Davis a Jannik, che negli ultimi tre mesi, dopo gli US Open, è maturato moltissimo sotto ogni aspetto».

Ci faccia qualche esempio.
«Comprende sempre meglio il gioco, conosce ancor di più il proprio corpo, lo ascolta. Sono apparentemente piccoli dettagli che fanno però la differenza. Il lavoro svolto con Umberto Ferrara (preparatore fisico, ndc) negli ultimi due anni sta dando grandi frutti: Jannik è molto più forte, resistente e anche veloce».

La vittoria nel Masters 1000 di Toronto lo ha sbloccato mentalmente?
«Il trionfo in Canada è stato molto importante, perché si tratta del primo ‘big tournament’, è stato un trampolino di lancio; ma oltre a quel titolo hanno inciso molto i successi su Top10 e Top5. In questo 2023 ha capito tanti aspetti del circuito ATP. Ha imparato molte lezioni».

Quali?
«Siamo andati a scuola. Jannik ha preso spunto dalle sconfitte, dalle delusioni. Ha capito cosa migliorare e come. Negli ultimi mesi sta unendo i puntini».

Torniamo per un attimo all’anno passato.
«Il 2022 è stato un anno di insegnamenti, seppur buono sotto il profilo dei risultati. Credo che Vagnozzi sia stata per Jannik manna dal cielo, perché tecnicamente è uno dei coach più preparati che abbia mai conosciuto. Il mio compito, avendo tanta esperienza nel circuito, è stato più quello di capire quale fosse la giusta direzione da intraprendere per il team ed esser sicuro che tutti la seguissero. Alla fine della passata stagione ho anche capito quanto Jannik tenesse alla Nazionale. L’infortunio a Parigi Bercy gli aveva precluso la possibilità di giocare le finali di Coppa Davis e ci era rimasto malissimo».

Cosa ne pensa del lavoro svolto negli anni da Piatti?
«Riccardo ha costruito le basi di Jannik portando avanti un lavoro incredibile. Ho però allenato tanti giocatori e a volte è bello avere a che fare con una nuova voce, opinioni diverse, un paio di nuovi occhi. Una rinnovata ispirazione e direzione. Magari fra tre anni Jannik avrà bisogno di nuovi stimoli e sceglierà un altro allenatore. Il cambiamento spesso è importante per il tennista professionista. Credo che Jannik sia destinato a grandi traguardi a prescindere dai suoi coach, è palese agli occhi di tutti».

Qual è l’aspetto tecnico che Jannik ha migliorato maggiormente?
«Direi lo slice di rovescio, con cui ha lavorato a lungo con Simone in questi mesi. È un aspetto tecnico che gli ha permesso di sfruttare ancor di più la sua arma principale: il dritto. Uno dei fondamentali più incredibili che abbia visto in tutta la mia carriera».

E adesso in cosa dovrà crescere?
«La disponibilità al cambiamento è una dote di Sinner: se dovrà cambiare dieta, lo farà; se modificheremo la routine degli allenamenti, non avrà problemi a farlo. E questo ovviamente si rispecchierà anche nel gioco. È disposto a farlo, a superare i propri limiti, a sacrificarsi per migliorare. Lavorare con un atleta come Jannik è un privilegio. Vedrete comunque qualche novità tecnico-tattiche nei prossimi 18 mesi. Servirà tempo per assimilarle».

Anche se Jannik ha dimostrato di essere una vera e propria spugna.
«Nel tennis ma anche nella vita. È felice di passare del tempo con i suoi coetanei e anche con persone della mia età. Jannik è come l’acqua che scorre: è in continuo movimento e crea onde che si dipanano ovunque ci sia bisogno. È in grado di adattare la propria personalità, l’umorismo, la sua enorme competitività e di sentirsi così a proprio agio in qualsiasi ambiente. È accaduto anche a Malaga».

In che maniera?
«Ha assorbito l’ambiente Davis totalmente. Sembrava un veterano alla decima finale. È un grande merito di Jannik, che arriva dal profondo del suo essere».

Tra Nitto ATP Finals e Coppa Davis è arrivato il salto di qualità.
«Aver giocato tanti match sotto pressione in questi mesi lo ha aiutato molto ad affrontare le Davis Cup Finals. Era ormai abituato alle aspettative e le ha utilizzate in proprio favore, come i grandi campioni sanno fare».

In Italia si inizia a parlare di vittoria Slam.
«Sono fermamente convinto che Jannik vincerà uno Slam, questo è l’obiettivo. Non so quando, ma ne è capace. Serve resilienza, fiducia e anche un pizzico di fortuna. Le sue potenzialità non hanno limiti. Noi dobbiamo essere bravi a non mettergli pressione».

Quest’anno la stagione è finita tardi. Come vi state organizzando?
«Jannik si prenderà un po’ di meritato tempo libero, una dozzina di giorni, perché sono stati mesi estenuanti. Non giocherà la prima settimana di tornei in Australia. La preparazione verrà svolta in Spagna per 2/3 settimane: prima la parte fisica con Umberto Ferrara e poi quella tecnica con Simone. Giocherà un paio di match al Kooyong Classic, un’esibizione molto competitiva e utile che si svolge a Melbourne prima degli Australian Open».

Si è parlato tanto dell’attaccamento di Sinner alla Nazionale. Obiettivo Parigi 2024?
«I Giochi Olimpici rappresentano una priorità assoluta di Jannik, che ama giocare per l’Italia. Le Olimpiadi sono già nella nostra agenda».

Come descriverebbe Sinner fuori dal campo?
«Sorrisi, sempre sorrisi. Molto simpatico, intelligente e ancor più competitivo: il momento peggiore della sua giornata è quando perde a carte contro qualcuno di noi (ride, ndc). A parte gli scherzi, l’energia che trasmette è coinvolgente. In Davis è stato colpito in testa contro l’Olanda. Tutti avrebbero reagito male, lui ha saputo creare l’atmosfera giusta scherzando con Griekspoor. È un ragazzo con i piedi per terra, con un’ottima famiglia».

La vittoria dell’Italia l’ha resa felice?
«Incredibilmente orgoglioso, ma l’Italia non è solo Sinner. Bisogna dare credito a tutti i ragazzi, alla squadra, la Davis non è una competizione individuale. Ora vorrei fare io una domanda a voi. Com’è stata presa la vittoria azzurra in Italia?»

I media e gli appassionati sono su di giri.
«Bene, perché questi ragazzi lo meritano. E sono felice perché nel vostro Paese può arrivare una grande spinta al tennis per le nuove generazioni. Tutti, adesso, vorranno scendere in campo».


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