"O vinco o imparo", "lavoro, sacrificio, passione": Sinner, così è riuscito l'assalto al cielo

Il lessico di Jannik, quotidianamente messo in pratica con un'applicazione ferrea, esalta i valori dello sport, metafora della vita. E rende gigantesca la figura del neocampione Slam a 22 anni
"O vinco o imparo", "lavoro, sacrificio, passione": Sinner, così è riuscito l'assalto al cielo© EPA
Xavier Jacobelli
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Melbourne, domenica 28 gennaio 2024: una nuova data si consegna alla storia del tennis e dello sport italiano, dopo Malaga, domenica 26 novembre 2023, trionfo in Coppa Davis a 47 anni di distanza dal Cile. Oggi in Australia, come due mesi fa in Spagna, in prima pagina c'è lui e, guarda caso, era stato il Re, Nole Djokovic, l'altro capace di piazzare l'uno-due, a cavallo fra il 2010 e il 2011. In queste ore di celebrazione e di entusiasmo, di orgoglio nazionale e di ammirazione per il ragazzo che a 22 anni e 168 giorni è stato il primo italiano a vincere uno Slam 48 anni dopo Panatta, sfogliare il lessico familiare di Jannik significa girare un formidabile spot contro questi tempi pieni di troppa plastica.

"Per vincere servono lavoro, sacrificio, passione". "Il talento per me non esiste, bisogna guadagnarselo. Puoi avere capacità leggermente migliori, ma solamente se lavori andrai più in alto. Chi lavora è quello che ha talento, quello che ha più voglia di vincere". "Non mi piace perdere, nemmeno quando gioco a carte". "Non ho mai paura sul campo, ce l'avevo quando mi buttavo giù dalle montagne in discesa. Sul campo da tennis, male che vada ti prendono a pallate" (e lo disse dopo essere stato sconfitto da Medvedev alle Atp Finals 2021). "Uscivo dal campo distrutto, ma carico a mille e orgoglioso grazie alle lezioni che avevo imparato dai maestri. Ho un senso del dovere molto forte, che mi hanno insegnato i miei genitori, mamma cameriera e papà cuoco in un rifugio. Entrambi hanno fondato il loro mestiere sulla disciplina ferrea e mi hanno educato a portare a termine con impegno e onestà ciò che inizio. Costi quel che costi". "Quando telefono a mia madre dopo aver perso una partita, lei mi risponde sempre: Jannik, non farmi perdere tempo perché ho cose importanti da fare, quelle vere".

I genitori ai quali da Melbourne, nel momento del trionfo, vissuto con la congenita sobrietà, Sinner ha rivolto il pensiero più bello che un padre e una madre possano ricevere da un figlio: "Auguro a tutti di avere genitori come i miei che non mi hanno mai messo sotto pressione, anche quando praticavo altri sport e auguro a tutti i bambini la libertà che ho avuto io grazie ai miei genitori". "O vinco o imparo", aveva detto prima di battere Medvedev in una partita epica, piena di pathos, passata da una sconfortante discesa ("Sono morto", rivolto a Vagnozzi sul 4-4 nel terzo set) a una travolgente risalita ("Su le gambe, su la testa"), un incontro intriso d'irriducibile volontà di vittoria. Fino all'ultimo respiro, "costi quel che costi". La rimonta entusiasmante ha fatto impazzire la Rod Laver Arena e milioni di italiani, inchiodati davanti a qualunque cosa trasmettesse il match. Gli organizzatori dell'AO hanno detto che un 1 milione 100 mila sono stati gli spettatori assiepati sulle tribune nell'arco di due settimane e due miliardi i telespettatori. Due miliardi! Se le parole sono insufficienti per descrivere la portata di un'impresa leggendaria, il lessico di Sinner, invece, è completo, approfondito, compiuto. È così che l'assalto al cielo è riuscito.


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