Angela Melo: "Lo sport cambia la vita"

L’intervento della direttrice della divisione etica e inclusione Unesco: "Veicola dei valori come rispetto, cultura e onestà anche se non ha la bacchetta magica"
Angela Melo: "Lo sport cambia la vita"
Giorgio Marota
5 min

ROMA - Lo sport «non ha la bacchetta magica», ma può cambiare la vita delle persone. Ecco perché l’Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite che contribuisce alla costruzione della pace attraverso la cooperazione internazionale, l’ha messo al centro della propria agenda di sviluppo. «Ci occupiamo di sport perché lo sport veicola valori come il fair play, l’uguaglianza, l’onestà, lo spirito di squadra, il rispetto per sé stessi e per gli altri - ci ha raccontato la sudafricana Angela Melo, direttrice della divisione di ricerca, etica e inclusione nel settore scienze sociali e umane dell’Unesco, visitando la redazione del Corriere dello Sport-Stadio dopo la 36ª edizione del “Gala European City” - Lo sport trasforma le persone in cittadini più consapevoli e sviluppa un forte senso di comunità. Pensate all’esempio dello sport nei contesti più difficili o per le persone con disabilità». L’organizzazione collabora con Aces al grande progetto delle capitali europee dello Sport, riconoscimento che nel 2024 è stato assegnato all’italiana Genova con oltre 100 eventi programmati nella “Superba” e 32 diverse discipline praticate tra mare, montagne, palasport e piazze. 

Per tutti

Non tutti gli sportivi, ovviamente, finiranno per competere ai massimi livelli; ma lo sport per tutti è come un seme che germoglia nell’esistenza umana: l’importante è seminarlo nel modo giusto, averne cura e incentivarne la pratica; un compito, quest’ultimo, del quale dovrebbero occuparsi soprattutto i governi tramite politiche che sappiano guardare al futuro. «Proprio per questo motivo lavoriamo insieme all’Unesco - il pensiero Gian Francesco Lupattelli, presidente di Aces Europa - noi siamo il braccio operativo per lo sport di questa grande organizzazione e siamo presenti in quattro continenti. Siamo attivi dal 1999». La prima capitale europea fu Madrid nell’ultimo anno del millennio, poi sono arrivate Stoccolma, Copenaghen e Glasgow, quest’ultima nel 2003, «che ha impegnato 400 medici di famiglia per consegnare delle ricette sportive tali da rendere l’attività motoria obbligatoria e gratuita a tutte le persone che ne avevano bisogno». La metropoli scozzese è stata di nuovo capitale nel 2023, prima di lasciare lo scettro a Genova, «e dopo 20 anni abbiamo trovato un impianto pubblico in ogni rione della città. E se da altre parti i costi sanitari aumentano, lì restano bloccati» ha aggiunto Lupattelli. Che si è augurato «un percorso simile in Italia». Il nostro è infatti uno dei Paesi più sedentari del continente, tra gli ultimi a mettersi in cammino per strutturare l’educazione motoria a scuola. «Lo sport unisce, è gioia e passione. Solo così potremo lasciare in eredità la salute e i corretti stili di vita. Ecco perché chiediamo ai governi di impegnarsi» la considerazione di Melo. 

Eventi e pace

Pratica sportiva e organizzazione di eventi non sono compartimenti stagni, bensì dinamiche che dialogano e si influenzano reciprocamente. Manifestazioni multiple come quelle di Genova, oppure grandi kermesse concentrate in poco tempo come Mondiali ed Europei di qualsiasi discplina, ad esempio, lasciano una legacy duratura nel tempo a livello di infrastrutture pubbliche e di abitudini sportive della popolazione, valorizzano periferie e aree limitrofe delle città, creano nuovi posti di lavoro, spalancano orizzonti per il settore turistico e migliorano l’economia locale. Ospitare un’Olimpiade, ad esempio, ha certamente un costo elevato (Parigi e Milano-Cortina, le prossime due, insegnano), che tra l’altro spesso lievita rispetto alle previsioni iniziali di spesa, eppure vari studi dimostrano come questo non debba scoraggiare le amministrazioni. Ed è auspicabile che anche il settore privato sia coinvolto. Perché «lo sport è un business dove c’è spazio per tutti» e perché «per ogni euro investito nello sport c’è un ritorno tre o quattro volte superiore» argomenta Angela Melo. Tra gli esempi virtuosi c’è sicuramente l’Olanda, dove il 53% della popolazione si muove una o più volte a settimana, e per un costo complessivo di 9,6 miliardi (2,4 pubblici, 4,4 privati e 2,6 generati dal lavoro dei volontari) ci sono benefit per 25,8 miliardi di cui 17,7 riferibili alla salute e 3,7 al mondo del lavoro. Lo sport dovrebbe essere pure uno strumento contro la guerra. Il condizionale è d’obbligo perché nell’antica Grecia ogni conflitto veniva sospeso per rispetto dei Giochi, mentre oggi le bombe continuano a cadere dal cielo e la tregua olimpica è stata già ampiamente violata. «In qualsiasi caso non può bastare - la conclusione di Melo - se gli eventi finiscono e le battaglie riprendono, abbiamo comunque fallito come costruttori di pace. Però quei valori che lo sport veicola sono degli antidoti potentissimi per prevenire i conflitti». 


© RIPRODUZIONE RISERVATA