Jacobs, il coach Camossi: "Stagione salva, obiettivo Europei"

"Voleva correre, ma rischiavamo di compromettere l’adduttore". Come verrà gestita la ripresa
Jacobs, il coach Camossi: "Stagione salva, obiettivo Europei"© BARTOLETTI
Franco Fava
3 min

«Sono convinto che Marcell avrebbe potuto qualificarsi per la finale, ma non sappiamo se sarebbe stato in grado di reggere una seconda gara in poco più di due ore». Le analisi di coach Paolo Camossi sono sempre assai equilibrate. Nessuno meglio di lui conosce il potenziale fisico e gli umori di Marcell Jacobs.
Il giorno dopo la rinuncia nel clan azzurro e in quello del bi-campione olimpico è tempo di riflessioni. C’è la conferma che Marcell non correrà le batterie della 4x100 di venerdì notte. «Resteremo ancora qualche giorno a Eugene - spiega Camossi - Intanto ragioniamo sul da farsi una volta rientrati a Roma». Marcell tornerà a far base allo stadio “Paolo Rosi”, all’Acquacetosa, dove potrà continuare a essere monitorato dall’Istituto di Medicina dello Sport. 
L’obiettivo a breve saranno gli Europei di Monaco di Baviera, tra meno di un mese: «Siamo ottimisti, ora ci metteremo in modalità Europei e per salvaguardare l’integrità fisica di Marcell». C’è rammarico per la scelta dolorosa, ma inevitabile. Ma anche rabbia: «Marcell in batteria non era stato bello a vedersi, come se ogni venti metri spegnesse e poi riaccendesse il motore. Questo a causa della fitta che ha sentito all’adduttore. Nonostante il fastidio ha chiuso in 10”04, il suo miglior tempo dall’Olimpiade di Tokyo. Sapevamo che la batteria sarebbe stata una gara a sé e dal cui esito ci saremmo regolati».

Rischio

A determinare lo stop di Marcell è stato l’esito dell’ecografia: «Compromettere l’adduttore avrebbe significato la fine della stagione». Camossi spiega che la decisione finale è stata presa dal gruppo azzurro dopo un summit cui hanno partecipato il responsabile sanitario della Fidal, Billi, e il d.t. La Torre. Fino all’ultimo Marcell ha insistito perché lo lasciassero scendere in pista. A dimostrazione della sua generosità. Ma anche perché non voleva dare l’impressione di fuggire dalle proprie responsabilità. 
«Nelle due settimane di permanenza in Oregon avevamo lavorato bene, i dolori erano scomparsi, anche se eravamo consapevoli che l’incognita sarebbe stata l’alta intensità: non puoi scendere in pista per un Mondiale e correre come se fosse un test». Lo stop ha evitato il peggio. Marcell ha portato a termine la batteria gestendo la contrattura, senza rompersi.  
Gli ultimi tribolati due mesi e mezzo hanno riportato in evidenza la fragilità dell’azzurro. Una fragilità che aveva costretto in passato a lasciare il salto in lungo, fonte di ripetuti infortuni articolari e muscolari, per dedicarsi allo sprint. In questi cinque anni Camossi si è trovato nel difficile ruolo di dover bilanciare le aspettative agonistiche del suo pupillo con i rischi di infortuni. Cogliere cioè le opportunità sul breve senza compromettere quelle a lungo periodo. In un certo modo l’esito della finale può essere consolatorio: «L’abbiamo seguita insieme e siamo sereni per il futuro: non c’è un dominatore nella velocità, sapevamo che Kerley non avrebbe potuto ripetere il 9”79 della batteria. Con Marcell in pista non ci sarebbe stata la tripletta americana. Marcell tornerà a mettersi dietro tanta gente». 


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