Lindstrom, lezioni di Napoli verso la Lazio

Primo allenamento per il danese, che poi invita i tifosi in dialetto: "Guagliu’, vi aspetto allo stadio"
Antonio Giordano
4 min

Ognuno ha le proprie piccole manie e Jesper Lindstrom ha scelto di portarsi appresso qualcosa di sé: per arrivare da Francoforte a Napoli, la «29» è stata la sua compagna di viaggio e abbandonare quella coperta di Linus o semplicemente il simbolo d’un momento dev’essergli apparso come un atto di scortesia verso gli dei, che in qualche modo l’hanno affiancato. Buongiorno Napoli, comincia un’altra vita o magari la stessa - tutta dribbling e fantasia - e per presentarsi, secondo lo stile social di quest’epoca che gli appartiene, Lindstrom è andato sul sicuro, ha inforcato la frase ad effetto ed ha lasciato che Instagram venisse inondato da un benvenuto di cuore. «Guagliu’ ci vediamo allo stadio». Accadrà molto presto, già sabato, quando il Maradona diventerà anche suo, in una sfida che avrà un pizzico di nostalgia: Lindstrom da una parte e Kamada dall’altra, amici di un tempo da ritrovare in un’ora e mezza in cui l’Eintracht Francoforte non rappresenterà un dettaglio della propria esistenza, anzi. In quei due anni vissuti assieme, c’è stato il modo per conoscersi, per gioire, per alzare al cielo l’Europa League, per sentirsi protagonisti di una favola che comunque ha avuto per entrambi un lieto fine e Napoli-Lazio si trasformerà in un derby un po’ revival e un amarcord che - fatalmente - al fischio d’inizio si interromperà: ma è stato bello condividere quell’esperienza e sarà bellissimo scoprire che i destini stanno per incrociarsi di nuovo in un altro campionato, in città così tremendamente appassionante, in una dimensione che è tutta da scoprire.

Lindstrom, l'avvicinamento all'esordio

Il piano di avvicinamento alle emozioni è cominciato molto presto, all’alba, con quella passeggiata (assai) salutare vista mare che l’ha introdotto sulla Napoli-Castel Volturno, il percorso di una gloria da inseguire a modo suo ed immediatamente. E proprio mentre passava davanti al Maradona, di ritorno dalla sua prima lezione con Garcia in una seduta di apprendimento volata via quasi senza accorgersene, sui social c’era il suo invito ad una città che vorrà sedurre ed incantare: «Sono felicissimo di essere qui e non vedo l’ora di giocare davanti a tutti voi». Saranno probabilmente cinquantamila, come gli ottimisti vanno sussurrando, o semmai diventeranno inaspettatamente di meno, com’è successo con il Sassuolo, quando ne sono arrivati soltanto quarantunomila, ma sarà la notte di Lindstrom, che si tufferà nel suo stadio, osserverà - probabilmente - dalla panchina le movenze di Politano, «studierà» gli atteggiamenti e le abitudini della squadra, poi - se sarà necessario e se Garcia dovesse averne bisogno - si approprierà del ruolo, che è ampio, è vario, riempie varie zone, va dalla fascia all’interno, perché l’estro non ha radici fisse.

I dubbi di Rudi Garcia

Il resto comparirà (forse) nelle quarantotto ore che separano dalla Lazio, nascosta tra le casacchine della pretattica che appartiene al calcio da sempre: stavolta, i ballottaggi sembrano inizialmente ridotti (probabilmente ce n’è uno, in difesa, a sinistra, tra Olivera e Mario Rui), oppure persino nessuno, perché il Napoli di domenica scorsa è bastato per riempire gli occhi e pure le statistiche. Ha bisogno semplicemente di vedere meglio la porta, di non sprecare così tanto - due reti con venticinque conclusioni - e a Lindstrom glielo avranno detto che si riparte da lì, da quella famelica voglia di prendersi tutto. Perciò non poteva rinunciare alla maglia numero 29: la corsa continua...


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