Roma-Fiorentina, il sortilegio dello stregone

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Roma-Fiorentina, il sortilegio dello stregone© LAPRESSE
Alessandro Barbano
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Dybala ha la luce e la fragilità di una cristalleria di Lalique. Lukaku senza Dybala è come il superstite di un incidente aereo smarrito nella giungla. La Roma senza Dybala e con la solitudine di Lukaku è nient’altro che un muro, capace di resistere finché si può. 
La Fiorentina invece è un’affiatata comitiva di palleggiatori senza spine. Capace di dominare all’Olimpico da padrona, ma incapace di pungere. Senza la caparbietà di Bonaventura, fermato dalla traversa, e di Martinez Quarta, che ci prova due volte di testa e nella prima fa gol, avrebbe rischiato di prenderle, pur meritando ampiamente di vincere. 
Roma e Fiorentina alla fine si equivalgono. Nei diversi punti di forza e negli stessi limiti. Che non hanno fin qui loro impedito di scalare la classifica ed entrare a pieno diritto in zona Champions. La Roma seduta sul quarto posto insieme con la sorpresa Bologna. La Fiorentina sul sesto a braccetto con i campioni d’Italia e davanti all’Atalanta. La corsa per l’Europa si annuncia la posta più contendibile del campionato.

Dybala e il sortilegio

L’ennesima iattura muscolare di Dybala pesa sul finale d’anno dei giallorossi, che domenica si presenteranno a Bologna senza l’argentino e senza Lukaku, cioè senza qualità, e poi affronteranno il Napoli in casa e la Juve a Torino. Ieri sono bastati venti minuti al burattino di cristallo per accendere la Roma. La triangolazione che detta a Cristante e la fiondata di prima di esterno sinistro per la testa di Lukaku, d’anticipo su tutta la linea difensiva viola, sono un capolavoro dell’intuito, della tecnica, del tempismo. Quando l’argentino, dopo una caduta, si tocca la solita coscia in un interrogativo cosmico, ti chiedi per quale dannato sortilegio la natura abbia iniettato in quei muscoli tanta armonia e tanti acciacchi. Ma questo è Dybala: una meravigliosa incompiuta, buona non per godere, ma per consolarsi. Ma inconsolabile, senza di lui, è Lukaku. A cui nessuno dei restanti giallorossi offrirà più un solo pallone appena giocabile. Questo per dire che i rimedi di Mourinho hanno, nelle condizioni date, del prodigioso. E del misteriosamente geniale. Il riferimento è al bigliettino che, dopo la seconda espulsione di Lukaku, il portoghese consegna al raccattapalle affinché lo recapiti a Rui Patricio. Che cosa ci sia scritto in portoghese non è chiaro, ma nessun uomo di buona fede potrebbe mai mettere in relazione il contenuto del messaggio con i crampi che colpiscono pochi istanti dopo il portiere e che consumano a gioco fermo uno dei sette minuti di recupero. In un modo o nell’altro lo Special è il taumaturgo più originale che la bizzarria del calcio abbia messo al mondo. E grazie al suo inesauribile tatticismo la Roma rimonta infortuni, squalifiche e classifica.

La Fiorentina

Italiano ha molti motivi per rallegrarsi e uno per preoccuparsi. La sua Fiorentina è quello che si dice una squadra. Perché dinamica, corale, corta il giusto, rapida nel palleggio, ancorché non quanto vorrebbe il suo bravo tecnico. Ma la pena del cuore viene dall’attacco. Poiché la Viola fa fatica a sbloccare il suo centravanti di ruolo, Nzola, apparso anche ieri troppo confusionario e arrendevole per essere un goleador. Lo stesso dicasi per Ikoné e Kouame, ancora più fumo che arrosto. Poi, certo, segnano gli altri. E gli altri in una squadra così ben organizzata sono praticamente tutti: ieri è toccato a Martinez Quarta, dopo che Bonaventura ci aveva provato due volte senza successo. Però c’è da chiedersi che cosa sarebbe la Fiorentina se avesse azzeccato il centravanti come il Bologna ha fatto con Zirkzee. 
Da ultimo una nota merita la condotta dell’arbitro, a cui a tratti è sfuggitadi mano la gara. Sacrosanto pare il rosso di Lukaku, il cui tacchetto sfibra il calzettone sul parastinco di Kouame. Dubbio è invece il secondo giallo a Zalewski, per un fallo non grave e non diverso da altri che sono passati inosservati o sono stati puniti con un semplice calcio da fermo. Se la coerenza manca, l’arbitraggio diventa un inutile semaforo rosso su una gara che non ne avrebbe bisogno. Insomma, una turbativa. 


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