Schiavone: “Parigi la sfida di Sinner”

L’ex numero 4, regina del Roland Garros 2010: "Il suo messaggio ha colpito: invoglia a giocare e a migliorarsi"
Schiavone: “Parigi la sfida di Sinner”
Lorenzo Ercoli
5 min

«Il Roland Garros sarà una sfida bellissima per Sinner. Parigi è lo Slam dove si sta più tempo in campo, ma allo stesso tempo non vedo avversari così temibili da escluderlo dal match. Può provarci». Francesca Schiavone, campionessa del Roland Garros 2010 ed ex n. 4 del mondo, è ottimista. Ieri la “Leonessa” ha presentato Schiavone Team Lab, struttura che sorgerà a Varese grazie alla riqualificazione dell’ex Tennis Club Le Bettole, gestito per più di 20 anni dalla famiglia Anatrini. Dalla visione e le ambizioni come tecnico fino all’attualità, questi i temi toccati dell’azzurra, vincitrice di tre Fed Cup. 

Schiavone Tennis Lab avrà il suo centro nevralgico a Varese. Qual è il progetto? 

«Partiremo a settembre 2024. La nostra attività principale sarà il “Lab”, un format alternativo all’academy. Abbiamo iniziato a Milano, ma Varese diventerà la base principale. La prima fase sarà dedicata principalmente allo sport, ma in futuro sorgeranno attività extra. Lavorerò con Lorenzo Frigerio, Sergio Bugada (preparatore atletico) e il ds Fabio Cibien. Da 3 anni stiamo scrivendo delle pagine che tracciano gli allenamenti e i nostri obiettivi, per riuscirci la forza del gruppo sarà importante». 

In futuro c’è l’idea di dedicarsi a un singolo atleta o preferisce una visione d’insieme?  

«Le due cose non si escludono. Con i giovani lo stiamo sperimentando io e Frigerio dividendoci il tempo. C’è Schiavone Team Lab e ci sono progetti più specifici, in generale la qualità è alta». 

Il fenomeno Sinner sarà sicuramente d’aiuto. Adesso come si sviluppa l’entusiasmo per la disciplina e non solo quello per le vittorie di un singolo atleta? 

«Questa rincorsa verso uno sport l’abbiamo vista con Tomba, Rossi e altri. Adesso c’è Jannik e tutti vogliono giocare a tennis. Per me è bello perché è una disciplina che ti invoglia a metterti in gioco e a migliorarti. Questo è d’altronde è il messaggio di Sinner e adesso noi abbiamo il dovere di far capire quanto sia affascinante questo sport».  

Sulla terra battuta cosa si aspetta da Sinner? 

«L’anno scorso sul rosso ha “steccato” perché era distrutto da Indian Wells e Miami. Stava costruendo la sua parte fisica, forse non era pronto per giocare 20 partite in 5 settimane e alcuni giornalisti lo hanno massacrato. Adesso ha sulle spalle una vittoria Slam e ha un equilibrio che gli permette di sviluppare le sue caratteristiche anche su questa superficie. Non deve iniziare a remare, al contrario deve tenere il suo tennis aggiungendo: lui sa esattamente dove lavorare». 

A livello femminile com’è cambiato il suo giudizio? Dei risultati sono arrivati. 

«I risultati arrivano. Le ragazze adesso devono maturare la convinzione di poter vincere ed essere degli esempi per sviluppare il sistema. Ancora non ne vedo tanta, ma hanno le potenzialità». 

Delle WTA Finals in Arabia Saudita che dice? 

«C’è una scelta economica, comprensibile, e di sviluppo. Prize money importanti, impianti all’avanguardia e condizioni buone per giocare. Se la WTA va lì evidentemente avrà margini di crescita significativi». 

Questo sembrerebbe solo l’inizio, l’obiettivo pare essere il circuito alternativo. 

«Hanno un grande potere economico. Sono arrivati nel calcio, nel golf e in altri sport: era solo questione di tempo. Ho sentito tanti giocatori forti parlarne molto bene con motivazioni decise perché potrebbero esserci possibilità per tutti. Del resto noi facciamo sport, ma anche del business».  

Gli atleti fanno anche politica? 

«Questo va oltre. Non siamo persone laureate e non abbiamo il tempo di dedicarci a quello. Noi ci concentriamo sullo sport, però vedremo che sviluppo ci proporrà questo tour alternativo». 


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