De Giorgi esclusivo: "Italia, l'Olimpiade prima di tutto e ti faccio una promessa"

Il ct azzurro guarda al futuro: "Il nostro argento è vivo, perdere fa male ma il percorso è stato virtuoso"
De Giorgi esclusivo: "Italia, l'Olimpiade prima di tutto e ti faccio una promessa"© FIORENZO GALBIATI
Giorgio Marota
11 min

Un mese a cento all’ora col sudore sulla fronte e il sorriso sulle labbra, catapultato sulle montagne russe delle emozioni. E poi la calma pacifica di Squinzano, rifugio sicuro nel leccese, tra gli affetti più cari. La “siesta” di Ferdinando De Giorgi è fatta di contemplazione e di lucida analisi. La sua filosofia resta un manifesto educativo da affiggere nelle palestre perché parla di cultura della sconfitta, di rispetto per gli avversari, di consapevolezza della propria forza... e pure dei propri limiti: «Ogni tanto riguardo questa medaglia e penso alla fatica che abbiamo fatto per conquistarla. Per questo motivo la rispetto e sono sicuro che imparerò a volerle bene. Gli altri sono stati più bravi di noi, stavolta». L’ultima palla al Pala Eur è caduta sabato sera, accompagnata da un lungo applauso. La Polonia ha conquistato l’Europeo a Roma, eppure gli azzurri sono usciti dal campo di casa con la sensazione di aver comunque lasciato un segno indelebile. Campioni d’Europa nel 2021, campioni del mondo nel 2022, finalisti continentali nel 2023. «Non si può sempre vincere, non sarebbe umano» è il pensiero di Fefè. E non sembra affatto un alibi. Il ct è un uomo sereno nonostante la sconfitta, grato per tutto l’amore che il Paese ha riversato sulla sua Italvolley

De Giorgi, che significato ha per lei questo argento? 

«È argento vivo. La medaglia d’argento è particolare, non crede? È l’unica che vinci quando perdi una partita».  

Che effetto fa la sconfitta, dopo aver vinto così tanto e in così poco tempo? 

«Entra tutto nel nostro borsone delle esperienze. In Italia si fa fatica ad accettare la cultura della sconfitta: se vinci sei un eroe, se perdi sei un fesso. Io e miei ragazzi abbiamo rifiutato fin dal primo giorno questa versione, anche quando eravamo sopra il carro a festeggiare. Ci sentiamo ancora ai vertici della pallavolo mondiale. E vogliamo restarci». 

Bologna, Perugia, Ancona, Bari e Roma. È riuscito a godersi questo Europeo tutto italiano? 

«Molto. Questo Europeo resterà nella storia del nostro movimento. E ci metto dentro anche quello delle donne: 9 città, nord, centro e sud unite in un unico abbraccio. Non avevo mai visto niente di simile. Un torneo itinerante lo paghi in termini di energie, ma i benefici che ti vengono restituiti a livello emotivo valgono il viaggio. È stato un momento di grande condivisione con le persone che ci vogliono bene. E io ho visto il gruppo crescere».   

Poi si sono spente le luci del Pala Eur. Come si è sentito? 

«Parte di un grande patrimonio collettivo». 

E i suoi ragazzi come hanno digerito la sconfitta? 

«Erano abbattuti. Perdere le finali è sempre doloroso, ma quando finisce il dolore subentra la consapevolezza che ti fa apprezzare il percorso virtuoso. In questo senso la sconfitta ha un valore terapeutico enorme, più grande della vittoria stessa. Ti fa stare male, ti scava dentro, ma ti fa guardare oltre. Ti lascia un vuoto che altre vittorie riempiranno». 

De Giorgi, è una promessa questa? La Nazionale di pallavolo continuerà a vincere? 

«Sì, continuerà a farlo». 

Vincere all’inizio di un ciclo può avere forse degli effetti collaterali? 

«Dicono che abbiamo vinto troppo presto, ma io non ho mai posto né limiti né obiettivi. Fin dal primo giorno avevo capito che c’era un potenziale. Volevo menti aperte e capaci di sognare». 

La miglior gara di questo Europeo? 

«Il Presidente Mattarella dopo la gara con la Polonia ci ha fatto i complimenti per Italia-Francia. “Siete stati proprio bravi ieri” mi ha detto. Io gli ho fatto notare che avevamo appena perso e che mi dispiaceva, perché volevamo dedicargli la vittoria. E sapete cosa mi ha risposto?».   

Ci sorprenda. 

«Mi ha detto “De Giorgi, non si preoccupi: vedervi giocare è sempre un piacere”. Roba forte». 

È davvero un rapporto intenso quello tra la pallavolo e il Capo dello Stato. 

«È sempre così affettuoso con noi. E noi siamo orgogliosi di avere un tifoso come lui. È una squadra che gli piace perché ha un’età media di 23 anni ed è ricca di giovani che esprimono qualità in campo, amando la maglia azzurra». 

L’inesperienza può aver giocato un brutto scherzo durante la finale? In un time out ha detto ai giocatori “Secondo me, ve dovete rilassà un attimino!”. 

«Erano un po’ tesi, è vero. Avevano una grande voglia di fare bene, ma vedevo difficoltà oggettive in ricezione e altre cose che non giravano. Avevamo fretta di chiudere le azioni, ma quel desiderio frenetico di fare bene stava diventando una debolezza».  

Ci tolga una curiosità: ma lei non si arrabbia davvero mai durante le partite? 

«Dite? Ognuno è fatto a modo suo. Io mi incazzo eccome, ma lo faccio in allenamento dove non mi vede nessuno». 

Difficile da immaginare. 

«Scherzi a parte, penso che un allenatore debba aiutare la squadra e non diventare un altro problema in un momento di tensione. Quando le cose non vanno bene, i giocatori vogliono sapere come uscire dalle situazioni scomode. E tu che fai? Urli e sbraiti? Può sembrare che sono distaccato dalle emozioni, ma il mio fegato si ingrossa eccome (ride)».  

Grazie a quello che avete creato in questi anni, si inizia a parlare di pallavolo nei bar e tra le strade. Siete diventati nazional-popolari. 

«Che bello. E questo, fatemelo dire, vale più di una medaglia. Per me e per tutti quelli che partecipano a questo percorso: la federazione, i ragazzi, lo staff. La cosa più emozionante è sentire che la nostra è diventata la squadra della gente. Hanno il piacere di seguirci, di tifare per noi, di soffrire con noi. Quello dell’Italvolley è un messaggio potentissimo. Teniamocelo stretto e alimentiamolo coi giusti comportamenti». 

Sanguinetti, Bovolenta e Rinaldi sono le ultime novità. Che risposte ha avuto dai giovanissimi? 

«Tutti e tre hanno una cultura del lavoro e un talento che può aggiungere spessore a un gruppo già giovane e forte. Hanno delle prospettive di futuro enormi».  

Spendiamo due parole anche sull’Europeo di Lavia?  

«Daniele è diventato il nostro vice capitano con l’assenza di Anzani. Ha interpretato alla grande questo compito assumendosi responsabilità importanti insieme a capitan Giannelli. Questi sono i ruoli dell’esempio, mica li scelgo a caso. Lavia è stato straordinario». 

Dal 30 settembre sarete a Brasilia per sfidare Brasile, Cuba, Iran, Germania, Ucraina Repubblica Ceca e Qatar nel torneo pre-olimpico. Sensazioni? 

«Ci sarà da sudare. Ci aspetta un’altra scalata: sette partite in nove-dieci giorni, due posti a disposizione. Servirà il contributo di tutti, le Olimpiadi sono troppo importanti». 

Parigi è lontana, ma se dovessimo arrivarci... 

«Mi chiederanno di vincere l’oro, il primo del volley italiano». 

Sa già tutto. 

«Ormai ci stiamo abituando alle pressioni, ma ne parleremo quando sarà il momento. Facciamo un passo alla volta. Ora qualifichiamoci, per il resto ci organizzeremo».  

De Giorgi, dopo farà un po’ di vacanze? 

«Io ricaricherò un po’ le pile, i miei ragazzi molto meno. Purtroppo il calendario internazionale è un po’ folle». 

Ieri è uscito il suo libro: “Egoisti di squadra”, edito da Mondadori. 

«Ne sono molto orgoglioso. Parte dalla mia esperienza nella gestione della squadra e della leadership nella pallavolo, e si allarga a tanti mondi. Il titolo è intrigante, no?».  

Lo è. Ma nello sport di alto livello bisogna essere davvero egoisti? 

«Chi ha talento è per natura egoista. L’egoismo non è una cosa brutta in sé: è positivo che una persona si voglia realizzare. Questo egoismo però va inserito in un contesto di gruppo, di valori condivisi, altrimenti diventa egocentrismo. E l’egocentrismo è la morte di una squadra». 

Ha incontrato tanti egocentrici nella sua carriera? 

«Abbastanza. Poi ho incontrato questi ragazzi con i quali ho riscoperto il piacere del “Noi”. Il nostro motto è “Noi Italia”». 


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