Non solo Ferrari, c’era la Benetton
Ci fu la Toleman, c’è stata la Renault e oggi c’è l’Alpine. Ma prima di vendere tutto ai francesi, c’è stato un tempo in cui c’e- ra la Benetton, e non fu un tempo qua- lunque. Fu un tempo in cui l’Italia da corsa era altro, oltre alla Ferrari. Un tempo in cui tutto il mondo della Formula 1 dovette inchinarsi alla Benetton di Michael Schumacher.
Quel parallelo con la Red Bull
Dai maglioni alle macchine da corsa: com’è possibile? Se lo chiedono in tanti, quando Luciano Benetton decide di impegnarsi in prima persona in Formula 1. Dopo anni a fare da sponsor, a metà degli anni ’80 decide di fare il grande passo e di correre nel Circus in prima persona con una scuderia che porta il suo nome. Un po’ come farà la Red Bull una ventina d’anni dopo: se hai idee e risorse, non importa se prima producevi maglioni o bibite in lattina, conta quel che metti in campo (pardon, in pista). Come capiterà alla Red Bull, non tutti capiranno subito che quella non è solo una bella mossa mediatica per promuovere un marchio, ma un investimento serio e mirato che punta al trono delle corse. Sembra utopia, quando quella macchina tutta colorata, la B186 guidata da Teo Fabi e Gerhard Berger, debutta nel mondiale al Gran Premio del Brasile 1986. La voglia, a Luciano Benetton, era venuta ad osservare da vicino il Circus: aveva cominciato sponsorizzando Michele Alboreto agli inizi degli anni ’80, poi era passato a finanziare Tyrrell e Alfa Romeo. Per il Gruppo Benetton, investire nello sport non era una novità: l’azienda di Treviso aveva puntato sullo sport, segnatamente pallacanestro, rugby e poi anche pallavolo nella città di Treviso. A fine 1985, ecco l’acquisizione della Toleman, il team con base inglese che aveva lanciato Senna.
