Pagina 0 | Il Fenomeno del motocross

L’Italia ha dominato anche in questa specialità grazie ad Antonio Cairoli, a lungo imbattibile sulle piste mondiali.  Accompagnato da una tenacia incrollabile, Tony ha conquistato nove titoli iridati e un Cross delle Nazioni

52 gare corse, nove Mondiali vinti, 94 GP e 179 podi conquistati, per un totale di 10.708 punti. Se si dovesse cercare la misura per la carriera di Antonio Cairoli, nato 40 anni fa a Patti, in provincia di Messina, i numeri non basterebbero. Meglio farebbe una parola: tenacia. L’intera vita del siciliano è infatti caratterizzata da una lunghissima serie di ostacoli che lo hanno messo alla prova, fino a trasformarlo nella versione Fuoristrada di Valentino Rossi. Cioè il campione più amato e riconoscibile, che ha permesso all’Italia di fregiarsi di un fenomeno del Motocross, privilegio che sembrava prerogativa soltanto degli Stati Uniti, culla della specialità, o dei Paesi dell’Europa nord-occidentale.

Sacrifici

Niente America, né Belgio, Olanda o Francia, bensì Sicilia. Dove papà Benedetto e mamma Paola, dopo tre figlie femmine, ebbero la gioia del maschio tanto desiderato. Un fagotto riccioluto e magrissimo, destinato a diventare il più grande di tutti. I primi anni dello spensierato Antonio passarono tra le elementari di Santa Nicolella e il giardino di casa, dove il dono più azzeccato di sempre, una Minimoto 50, arrivò nel bagagliaio dell’auto del signor Benedetto, appassionato di due ruote. Il piccolo Tony iniziò subito a vincere nelle serie locali e regionali, vittorie accompagnate però dai problemi economici della famiglia di fronte alle crescenti spese richieste dalle gare, con viaggi lunghi migliaia di chilometri e decine di ore. Antonio dovette abituarsi a correre con le stesse gomme per tutto l’anno, con le leve rotte o senza freni perché, oltre al filo di ferro e a tanta passione, non c’erano strumenti per le riparazioni. Una disdetta? No, al contrario, la più importante delle scuole per un ragazzo che avrebbe imparato a superare qualsiasi ostacolo. Mettersi in evidenza a livello nazionale con la 125 spinse Cairoli a intraprendere la stessa strada di milioni di italiani nel corso dei secoli: emigrare. Il biennio 2002-03 e il passaggio a Padova da Paolo Martin rischiarono però di mettere la parola fine alla sua ancor breve carriera: sulla Honda CR125, il futuro campione ottenne pochi risultati e tanti bocconi amari.


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De Carli

A metà strada tra Padova e Patti, a Roma, ecco l’ultima speranza capace di trasformare la vicenda. Claudio De Carli, giovane e ambizioso manager già iridato con Chicco Chiodi, vide in quello scricciolo un futuro campione. Mai intuizione fu più azzeccata e nel corso di un inverno con la Yamaha YZ250 F il bruco divenne farfalla, trasformando la stagione 2004, la prima completa in MX2, in una formidabile rampa verso il primo Mondiale, nel 2005. Contro tutto e tutti, Cairoli corse verso un altro iride nel 2007, battendo Christophe Pourcel, il primo di una lunga serie di grandi avversari (Stefan Everts, James Stewart, Ryan Villopoto, Ken Roczen, Jeffrey Herlings, Tim Gajser, Jett Lawrence). Il 2008 avrebbe dovuto confermarlo in vetta al mondo quando un infortunio a un ginocchio frenò la sua corsa. Complicazioni serie rischiarono di fermarlo per sempre e soltanto l’intervento del dottor Claes e una volontà di ferro lo riportarono al cancelletto di partenza nel 2009 con una Yamaha 450. Al suo fianco sempre Jill, che lo ha accompagnato per tutta la carriera e che dal 2017 è sua moglie (dall’unione sono nati Chase Ben e Cody). Il terzo titolo lo incoronò come il più forte italiano di sempre, ma l’uscita della Yamaha dall’accordo con De Carli mise nuovamente la strada in salita. Nulla che potesse spaventare Antonio.

Cinque di fila

La scelta forte fu quella di mantenere il sodalizio con De Carli, un mentore e un secondo padre. A prendersi il “pacchetto completo” tutto italiano, facendo l’affare del secolo, fu la KTM che con Pit Beirer (oggi manager in Moto- GP) riconobbe il potenziale. In premio arrivarono cinque titoli consecutivi in arancione e per di più con una 350, meno potente rispetto alle 450 della classe regina ma più maneggevole. Nessun altro poteva accettare una sfida così folle, in una serie nella quale i piloti non facevano altro che chiedere cavalli. Anni leggendari, quando l’idea stessa che un italiano potesse essere il più forte di tutti sulla sabbia era inconcepibile, eppure lui divenne imbattibile sul più ostico dei terreni. Tony vinceva con facilità disarmante e più le cose si complicavano, più lui le rendeva semplici, come nel 2012, quando in Svezia venne scavalcato nel Mondiale da Clement Desalle: la sera stessa Cairoli annunciò la vittoria di tutte le 14 manche dei sette GP restanti, impresa quasi centrata, con tredici successi e un secondo posto, per l’inevitabile titolo mondiale. In quel periodo, Tony perse entrambi i genitori, e fu commovente l’omaggio alla memoria di chi lo aveva messo su una moto a quattro anni, con il successo nella gara successiva al funerale del padre e l’ottavo titolo iridato.


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Ducati

Un infortunio grave lo limitò nel biennio 2015-16, ma nel 2017 ecco la nona meraviglia: il titolo sulla KTM 450. Un alloro buono per agganciare l’amico Valentino Rossi. Anche se, rispetto al Dottore, Tony può contare anche su un “decimo” titolo, il Mondiale a squadre: nel 2021 a Mantova, infatti, il siciliano ha guidato l’Italia al trionfo nel Motocross delle Nazioni, assieme all’amico Alessandro Lupino e Mattia Guadagnini, un trio che nel 2025 è stato sinonimo di Ducati, visto che la Casa di Borgo Panigale è sbarcata nel Cross affidandosi anche all’esperienza del pilota più popolare. Tony non ha lasciato la pista, portando la Ducati al debutto nel Mondiale nel 2024 e soltanto pochi giorni fa ha partecipato per la sedicesima volta al Cross delle Nazioni. Sempre con la tenacia che lo accompagna dalla nascita, e che sarà narrata anche nella mini-serie “Tony Cairoli Beyond the Legacy”. Perché l’incredibile viaggio di Cairoli merita di essere raccontato.


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