Un’irrefrenabile voglia di Zlatan

Un’irrefrenabile voglia di Zlatan© Getty Images
Ivan Zazzaroni
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Il 3 ottobre Zlatan ne ha fatti trentotto, due più di Ribéry e del capocannoniere della scorsa stagione Quagliarella, e quasi quattro meno di Buffon, strepitoso sabato sera, che toccherà i 42 a gennaio. Nonostante l’età (ma lui di anni ne ha 18 con 20 di esperienza) oggi Ibra lo vorrebbero almeno 16 squadre di A, perfino quelle che a stagione avviata non potrebbero permettersi neppure un cappottino di Zara: le indifferenti sono la Juve che può concedersi il lusso di tenere Mandzukic fuori dal progetto, l’Inter che ha appena festeggiato le prime doppiette di Lukaku e Lautaro e aspetta il rientro di Sanchez, il Milan che non può caricarsi un altro mega-stipendio e l’Atalanta che, perso Zapata, trova i gol di Muriel e lascia ancora a bagnomaria Barrow. Ancelotti ha promesso che chiamerà certamente l’Io del calcio: ma è solo la provocazione di uno scaltro battutista che in questo momento potrebbe addirittura schierare un Napoli composto da Meret e Koulibaly più nove attaccanti o facenti funzioni: Insigne, Milik, Mertens, Callejòn, Younes, Llorente, Lozano, Zielinski e Fabian.

Meno provocatorio e assai più deciso è Mihajlovic che Ibra sente spesso e che di un attaccante come lui ha un bisogno enorme (“vieni da noi a fare il fenomeno, stai là davanti e segni, a correre per te ci pensano gli altri” è il pensiero di Sinisa).

Sei mesi di Zlatan li auguro al Bologna, ma anche alla Roma, alla Lazio, ai loro tifosi e al campionato, al quale mancano spesso le grandi emozioni prodotte da figure di spessore internazionale: chi le ha, se ne giova alla grande, penso alla Juve con Ronaldo, Higuaìn e Dybala, all’Inter con Lukaku e alla Fiorentina rilanciata da Commisso attraverso un francese over 35 che molti davano per usurato: in poche settimane Ribéry è riuscito a restituire a Firenze un’idea di calcio alto e il senso dello stadio, tant’è che riempie il Franchi e si prende anche gli applausi dei sostenitori avversari.

Dunque, Zlatan come utopia realizzabile con la benedizione delle pay che, investendo 973 milioni l’anno, hanno un’urgenza quasi fisica di attrazioni da offrire. Non posso nemmeno immaginare quale sarebbe l’impatto di Ibra sulla Roma, sulla Lazio, sul Bologna, squadre che in sole otto giornate hanno accumulato più punti interrogativi che punti in classifica. Le romane non coltivano il sogno dello scudetto, inseguono tuttavia la Champions, mentre il Bologna deve pensare a salvarsi il prima possibile, ma non è tollerabile che a ottobre in piazze così importanti la rassegnazione prevalga malinconicamente sulla speranza.


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