Tutta Bologna ha amato Mihajlovic e ora lo piange

«Fidatevi di me», le sue parole suonano come una lezione di vita. Quelle attese sotto la finestra del Sant’Orsola e le lacrime oggi dei suoi giocatori. Era tornato 10 anni dopo, era una sfida con sé stesso.
Claudio Beneforti
6 min

«Fidatevi di me, il Bologna si salverà». Siamo ai primi di gennaio del 2019, la squadra rossoblù è in grande difficoltà, Claudio Fenucci e Riccardo Bigon si rendono conto di non poter più aspettare, esonerano Pippo Inzaghi e chiamano Sinisa Mihajlovic. Alle spalle ha già un’esperienza dispari a Bologna finita con un allontanamento, ma Sinisa è Sinisa, tanti avrebbero voltato le spalle a quella richiesta di aiuto, lui no, come poteva tradire sé stesso, quel momento poi in fondo lo aspettava da 10 anni, volendo dimostrare al popolo di Bologna il suo spirito da condottiero, sì, volendo anche riscattarsi davanti ai suoi occhi. E se c’era da sfidare il mondo, evviva, tanto la paura non ha mai albergato nella sua testa, «dopo aver vissuto la guerra, secondo voi dovrei forse spaventarmi per un pallone che rotola». 

Quel suo Bologna

Sinisa arrivò a Bologna con il suo solito petto in fuori e il primo discorso che fece ai suoi calciatori fu breve ma pienissimo di significati, «ogni allenamento dovrà diventare una battaglia, voglio vedere saltare le caviglie, e chi non se la sente, può andare via subito». Nessuno gli disse niente e da lì a poco il Bologna cominciò a volare, proprio a volare e sempre più in alto. Pensate, finendo per arrivare al decimo posto in classifica. Bologna e Sinisa diventarono una cosa sola, era nato un amore talmente grande che quando in estate Mihajlovic annunciò di essere stato attaccato dalla leucemia tutta Bologna gli si strinse attorno. «Vincerò io, sarà dura ma vincerò anche questa battaglia, aspettatemi, presto mi rivedrete in panchina». E alla squadra aggiunse, «a Verona per la prima di campionato sarò con voi». E fu con loro, nonostante facesse fatica addirittura a stare in piedi. Tutti i giocatori piansero quando lo videro arrivare in albergo, e furono dispiaciuti alla fine non essendo riusciti a regalargli la vittoria. Il primo trapianto, Sinisa in ospedale, e il Bologna in campo a giocare anche per lui, che dalla sua stanza non perdeva un allenamento, che anche nei giorni in cui stava male trovava ugualmente la forza per parlare con i suoi collaboratori. La visita della squadra sotto la sua finestra del reparto di ematologia del Sant’Orsola dopo la grande rimonta di Brescia, SinisOne che fa il condottiero per telefono e attraverso video chiamate, il Bologna che non è più quello dell’anno prima, è vero, ma mica era facile poter dare un seguito a quella cavalcata addirittura trionfale. 

La chimica era cambiata

Il ritorno in panchina, la fine del campionato, finalmente la possibilità di vivere il ritiro di Pinzolo, che la leucemia gli aveva negato l’anno prima. Invece no, deve saltarlo ugualmente, questa volta per colpa del Covid. Il campionato che costruisce è tranquillo, la zona retrocessione rimane sempre lontana. Ne comincia un altro, la squadra parte grande, poi attorno alla fine del girone di andata tanti giocatori sono attaccati dal Covid, e una volta di nuovo in campo fanno fatica a ritrovarsi. Ma già una parte di Bologna cominciava a essere scettica anche sul conto di Sinisa, Saputo evidenziava sempre di più la sua insofferenza, aspettandosi (a torto) un campionato più importante. Sì, nonostante il contratto in essere probabilmente avrebbe deciso di separarsi da Miha a giochi finiti, ma cosa accadde? Sinisa fu di nuovo assalito dalla malattia, e il presidente a quel punto non ebbe la forza di dirgli addio. Come d’altra parte il resto della società: tutto sommato se era andata bene la prima volta, perché non sarebbe dovuta andare bene la seconda? Ma in realtà la chimica era cambiata, sia dentro il campo che fuori. 

Le dimissioni mai

Sinisa fu sottoposto al secondo trapianto, il Bologna viveva di difficoltà e i risultati non cambiarono una volta che Miha potè tornare a Casteldebole. E così, dopo il pareggio di La Spezia il governo rossoblù ritenne di doversi separare da SiniOne. Che accettò quella decisione con filosofia, «come diceva Boskov ci sono allenatori esonerati e allenatori che saranno esonerati», ma in realtà con la morte nel cuore, convinto com’era di vincere una nuova sfida. E anche per questo motivo voltò le spalle al Bologna che gli chiedeva di fare un passo indietro, poi in fondo se avesse accettato di dare le dimissioni non sarebbe stato più Sinisa neanche ai suoi occhi, avrebbe tradito prima di tutto sé stesso. SinisOne credici, tutta Bologna ora ti piange. E ti ringrazia per quello che hai fatto. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA