Sono quasi le due del mattino quando Paulo Dybala, con gli occhi ancora gonfi di lacrime, abbandona zoppicando la Puskas Arena. Sognava l'accoppiata, Europa League dopo il Mondiale, invece è tornato a piangere come fece un anno fa nella notte del commiato dalla Juventus. Pochi minuti prima il suo mentore, José Mourinho, aveva lanciato un accorato appello ai Friedkin dopo la finale amaramente perduta: «Voglio restare ma merito di più, come i miei giocatori». Cosa può succedere allora alla Roma? Ci saranno scossoni?
Il quadro
Mourinho in realtà è stato chiarissimo, anche con la squadra, alla quale ha urlato in campo dopo i maledetti rigori la sua volontà: continuare, insistere, ripartire. Per condurre la Roma e i suoi impagabili tifosi verso un'altra stagione emozionante, la terza. La sua disamina a Budapest è parsa sincera: la frustrazione per il rapporto con i Friedkin, gelidi e silenziosi anche al termine della finale contro il Siviglia, non dipende soltanto dalle aspettative sugli investimenti - elemento comunque prioritario - ma anche da una composizione societaria più attrezzata. Gli piacerebbe, per esempio, avere nel gruppo dei manager una figura influente come Maldini o Javier Zanetti. Per intendersi uno come Totti, che in Ungheria è andato solo da tifoso insieme alla compagna Noemi. Vorrebbe essere affiancato da un personaggio che sappia trasferire all'esterno con un forte impatto mediatico la posizione politica del club. Sugli arbitraggi e su tutto il resto. Tiago Pinto non basta. Se nessun membro del management della Roma ha sentito l'esigenza di commentare la dolorosa sconfitta, che incide anche sui programmi futuri, c'è un vuoto da riempire.
Le opzioni
Il messaggio dell'allenatore sembra inequivocabile. E dipende anche dal fatto che le proposte ricevute nelle ultime settimane non sono di livello top. Niente Psg, niente Real Madrid. Per ora almeno. Mourinho sa che la Roma non giocherà la Champions League per la quinta stagione di fila ma per raggiungere il risultato l'anno prossimo chiede di essere ascoltato dalla proprietà. Magari con un rapido rinnovo del contratto in scadenza. Magari con un ampliamento dei poteri interni con il benestare della nuova Ceo, Lina Souloukou. La palla ora passa ai Friedkin, che valuteranno se vogliono (o possono) accontentarne le ambizioni. L'importante è parlarsi. Nell'interesse supremo che è la Roma.