Travolti da Carlo Mazzone

Leggi il commento del Direttore del Corriere dello Sport - Stadio
Ivan Zazzaroni
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Ho seguito l’intera diretta dei funerali di Mazzone, non riuscivo a staccarmi, e oggi - se possibile - voglio ancora più bene a Carlo. Sono stato travolto dalle parole così pure e calde dei nipoti. I tre splendidi ragazzi hanno strappato lacrime non soltanto a me, ma anche alle centinaia di persone - tanti i giovani - che hanno voluto essere presenti all’interno della chiesa di San Francesco o in Piazza del Popolo, a Ascoli. La freschezza e la bellezza di quei volti, la dolcezza e la pienezza del ricordo, le brevi interruzioni dovute alla commozione e, dominante, il senso della famiglia esaltato attraverso la figura di un «nonno che rientrava sempre a casa la domenica sera o il lunedì, anche da Udine o da Cagliari, e mangiavamo tutti insieme. Se aveva perso restavamo in silenzio, ma dopo ogni sua vittoria potevamo fare tutto quello che ci pareva». «Siate forti e gagliardi» ci ripeteva spesso «gentili e rispettosi con tutti». Inviti pronunciati e ascoltati tante volte, specie in occasioni tristi come l’addio a una persona cara: uscendo dalla bocca di quei giovani, però, hanno prodotto qualcosa di indescrivibile e struggente.

Proprio ieri, singolare coincidenza, due delle squadre che hanno fatto parte della vita di Mazzone, il Cagliari di Claudio Ranieri, mica un Cagliari qualsiasi, e il Bologna, esordivano in campionato. A Torino i sardi hanno giocato una partita energica, spavalda e hanno rischiato di vincere. Al Dall’Ara ha prevalso la tecnica sulla tattica, come tante volte sottolineato da Mazzone: il Bologna ha un palleggio preciso, studiato, bei movimenti, ma - ceduto Arnautovic - è privo di un attaccante capace di aprire varchi, garantire peso e sbocchi: Zirkzee deve ancora incontrare la praticità. Ndoye ha bei numeri, Schouten è un’assenza. Il Milan, presentato da Pioli con tre novità, Loftus-Cheek, Pulisic e Reijnders, possiede una quota elevata di imprevedibilità e una panchina piena di gente in grado di cambiare il senso di una partita. Già la scorsa stagione Theo e Leao avevano cominciato a frequentare insolite zone del campo, ieri la ricerca di inserimenti centrali è diventata per loro quasi una regola. Alla frequentissima domanda se sia già un Milan da scudetto, oggi rispondo così: se Pioli dovesse centrarlo dopo una rivoluzione tecnica di questa portata, meriterebbe una statua a Milanello. Non gli è stato chiesto di strafare.


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