Re Carlo Ancelotti, un vincente con il sorriso

Leggi il commento sul tecnico del Real Madrid, che ha prolungato il contratto in scadenza
Alberto Polverosi
4 min

Ogni volta è una faticaccia con Ancelotti. Cosa si può scrivere più di quanto è stato detto in questo mezzo secolo di un vecchio ragazzo che ha vinto tutto quello che ha vinto lui, in campo e in panchina, conservando tutto quello che aveva vissuto nella sua campagna? Lo vorrebbero in tanti come padre, come fratello, ma andrebbe bene anche come zio o come nonno. Ha frequentato i potenti del mondo, dagli Agnelli a Berlusconi, da Abramovich a Florentino Perez agli sceicchi, ed è rimasto sempre fedele alle sue origini. L’educazione, il lavoro, la fatica, ma anche l’ironia, la saggezza, la concretezza di chi lavora i campi. La terra è tutto quello che gli appartiene. Carletto sa come starci sopra. Ha appena annunciato che non allenerà il Brasile ma resterà a Madrid, perché il Real è la sua casa spagnola, come il Milan è quella italiana. È un’occasione persa. Per la Seleçao. È la scelta giusta, per lui e per Florentino. Che per sbarcare nella Superlega ha bisogno di rappresentanti di quel tipo. Ancelotti ha approvato la sentenza che determina la fine del monopolio Uefa-Fifa, gli preme soprattutto rivedere l’assurdo calendario di questi anni, ma sul progetto concreto, sulla struttura calcistica della Superlega, sul fatto che se il Girona lo supera vince la Liga e non va a giocare fra le “Star” ma solo nella terza serie, la Blue League, su questo non si è espresso perché così non può piacergli.

Ancelotti non si è stancato

Resterà in Spagna anche perché il prossimo anno, se va come i madridisti sperano, andrà in panchina con la pipa in bocca (sua citazione...): se arriva Mbappé, fra Bellingham e Vinicius (più Rodrygo), ci saranno occhi solo per quei fenomeni. Ancelotti vuole vincere la “decimoquinta” che per lui sarebbe la quinta, già adesso ha il record assoluto di vittorie in Champions (quattro), ma non si è stancato. Anzi. Perché lasci la panchina del Bernabeu deve essere il Real a stancarsi di lui. «Non so se il Brasile mi vorrà nel 2026, né se sarà contento della mia decisione. Sono felice di restare altri due anni qui. Ma nel 2026 posso continuare e potrebbe non essere il mio ultimo contratto, potrei rimanere allenatore del Real Madrid anche nel 2027 o nel 2028». Allora avrà 69 anni, ma non sarà logoro. Carletto ha vissuto il calcio senza farsi contaminare dalle tossine, sempre col sorriso e la battuta. Non si alimenta di ossessioni ma di idee. Ama un calcio di umanità, col giocatore al centro, l’algoritmo non è roba per lui. Non è un filosofo, non si contorce in mille dichiarazioni, non cerca l’effetto scenico, non sale sul palco, perché lì ci devono stare Modric, Kroos e Bellingham. Ha detto che il Real sarà il suo ultimo club. Sarebbe bello invece se cambiasse idea e un giorno, anche dopo il 2028, decidesse di tornare in Italia. A Napoli, quattro anni fa, non era andata bene. È stata una delle sue rare stagioni amare, piena di delusioni, anche umane. Era “bollito”, ricordate? Uscito chissà come dal carrello, potrebbe riprovarci, però non con un club. Noi speriamo che Spalletti resti ct fino al 2030 e anche oltre, significherebbe che la Nazionale, col suo lavoro, è tornata dove tutti la vogliamo. Ma se Spalletti si stanca, sul nome del sostituto nessuno avrebbe dei dubbi.


© RIPRODUZIONE RISERVATA