Premiato salutificio Serie A

Leggi il commento sui giocatori di Milan e Inter che lasciano Milano e la massima serie. E gli addii da romanticismo ottocentesco...
Premiato salutificio Serie A
Cristiano Gatti
4 min

Saluti strazianti, si apre la stagione. Scrive pubblicamente Danilo D’Ambrosio, salutando l’Inter: «Inter per me significa famiglia. Famiglia come quella che io e mia moglie abbiamo scelto e desiderato di creare proprio qui... Famiglia come quella composta da tutti i membri dell’Inter». Senza malizia: bella famiglia quella che non ha più voluto rinnovarti il contratto e ti sbatte fuori di casa. E dire che a prima vista sembrerebbe proprio l’Inter la famiglia più solida su piazza. Scrive Skriniar: «In questi anni l’Italia, Milano e San Siro sono diventati casa mia e della mia famiglia», eccetera eccetera. Poco incide che adesso la nuova famiglia sia il Paris St. Germain, dove andrà con contratto sontuoso dopo sei mesi senza più giocare nella sua famiglia d’origine, bega dopo bega. 

Addii, un romanticismo ottocentesco

In realtà, non è per niente esatto dire che solo all’Inter c’è famiglia. Girando per social e annunci più o meno ufficiali, di questi tempi è tutto un salutificio strappalacrime, toni e frasari da romanticismo ottocentesco, in una nube di retorica sentimentale da spezzare il cuore. Verrebbe voglia di alzare il telefono e chiamarli a uno ad uno, loro e le società, via, cosa vi salta in mente, siete talmente legati e affiatati, così avvinghiati e indissolubili, perchè mai rovinare una famiglia tanto bella, cosa vi salta in mente. Evidentemente, sappiamo che la famiglia c’entra piuttosto poco, comunque non moltissimo. La famiglia del calcio è come la tangenziale o il grande raccordo, alla prima uscita comoda si mette la freccia e via sgommando. È pur vero che l’idea stessa di famiglia, ultimamente, sopravvive in stato puramente vegetativo, ma proprio per questo non si capisce perchè mai questi mercenari, chiedo scusa, questi professionisti del calcio debbano ostinarsi a recitare la grande ipocrisia, cioè ficcare sentimento e lacrime proprio là, nel calcio dei dieci, venti, trenta milioni all’anno, per salutare il parentado. 

Diamoci un taglio

Ragazzi, diamoci un taglio, serve un sussulto di verità e di dignità: un bel saluto, grazie infinite, ma vado a stare meglio. Altrimenti finisce come Tonali, che un anno dopo aver dedicato liriche al suo amore eterno, il Milan, mai e poi mai lascerò questa casa, un anno dopo esatto si è visto ripubblicare - rinfacciare - i titoli dei suoi strazianti atti d’amore, mentre prendeva l’aereo per andare in Premier. Mettiamola così: ormai anche il più tordo di noi ha capito che il calcio moderno non concede più niente alle passioni e ai cuoricini, non è colpa di nessuno, non è neppure detto che sia un male, però facciamola finita con i saluti a ciglio umido e amici come prima. L’ultimo amore eterno e vero, nell’era moderna, risulta quello di Totti per Roma e la Roma. Il resto è dimenticabile, per pura decenza. Alle nuove generazioni si applica perfettamente il battutismo cresciuto attorno ai matrimoni in serie: questi amano talmente la famiglia da farsene almeno una mezza dozzina. 


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