Spalletti: "Con il Napoli un sentimento indistruttibile ed eterno"

Il tecnico, che ha deciso di lasciare la panchina azzurra, sta vivendo il dopo scudetto: l'intervista
Spalletti: "Con il Napoli un sentimento indistruttibile ed eterno"© ANSA
Antonio Giordano
6 min

DALL'INVIATO A RIMINI - A l di là del cancello, fuori “dal covo”, c’è un passato che torna: lo vede, lo sente, mentre sta per lasciarsi alle spalle il biennio più bello della sua vita. E nel raccontarsi, Luciano Spalletti è semplicemente vero, è se stesso, è l’uomo che sta fuori dalla narrazione. «Sapeste il magone». La sua Napoli è rimasta rinchiusa, a lungo, in un eremo, una stanzetta quattro per cinque, un lettino, i gagliardetti alle pareti e l’umano desiderio di darsi completamente. «Perché se vuoi bene a qualcuno devi dedicargli tempo». E ora che si sta riprendendo il suo, e sta per raccontarsi alla platea ammirata di "The Coach Experience", chiacchierando in libertà ad un tavolo con sei persone, le emozioni presentano il conto. «Ho vissuto l’emozione più bella per un allenatore. L’ho vissuta da protagonista. Io non dimenticherò un solo istante, né un solo ragazzo, né una una sola persona». C’è un sottofondo, Napule è - quale sennò? - un pubblico composto e rapito, l’ebbrezza di quei 696 giorni nati tra i veleni (ereditati) d’una città soffocata dal dolore e chiusi restando incantato per quell’amore avvolgente che gli ha fatto spalancare gli occhi, prima di stropicciarseli: «Resto incredulo per l’abbraccio che ho ricevuto, allo stadio e per la strada». La sua carriera da calciatore si chiuse il 30 maggio del ‘93, quella di allenatore va in pausa («in campagna») il 4 giugno del 2023: in trent’anni ci sono tanti Spalletti, sempre con quel calcio sexy, ma quello che sale sul palco di Rimini e si prende anche la figurina d’oro della Panini-Aiac, è un uomo che ha scoperto un Mondo, Napoli, e se lo terrà per sé, cucito allo scudetto: «Ma per sempre, perché non si dimentica niente».

Un premio tira l’altro, Spalletti...
«Questo esalta il bambino che sono stato, quello che sognava di vincere il proprio campionato bambino andando a completare l’album. Un fanciullo che non dormiva sperando di rimediare, al mattino, la figu che gli mancava. Nella colla c’era la passione e quelle sensazioni rimangono, non si fermano, s’avvertono ancora adesso».

Come l’emozione che lei ha regalato a Napoli e che Napoli ha ricevuto da lei.
«Io ho conosciuto la felicità totale, vincendo il campionato. Ma il lavoro grosso lo hanno fatto loro, i tifosi. C’è un sentimento che si è sedimentato, sarà indistruttibile e dunque eterno. Il tatuaggio è stata un’esigenza, mi sono voluto scolpire l’immagine di Napoli sulla pelle perché non tutte le cicatrici sono dolorose, anzi questa è ben altro. Ho vissuto per riuscirci, per la città, per il popolo».

Se l’è goduta e se la godrà, com’è giusto che sia, con il suo carattere, con la sua riservatezza.
«Io sono fatto così, non mi faccio scivolare le cose. Sono un allenatore che si è impegnato totalmente per il suo lavoro, sono uno che non si lascia scivolare le cose addosso e non si interessa di quello che dicono di lui. Io devo restare coerente con me stesso e andare dritto per la mia strada. Poi probabilmente in tutti questi difetti ci sono anche delle qualità che mi hanno portato a vincere lo scudetto con il Napoli ed è la cosa più bella che mi potesse accadere».

Ma oggi qual è lo stato d’animo di Spalletti?
«Ci sono dei pensieri che appartengono solo a me e credo che ciò capiti un po’ a tutti. Io ho avuto molte notti a disposizione per riflettere: in questa esperienza non mi ha potuto seguire la famiglia perché i miei figli lavorano a Milano e la bimba va a scuola a Milano e la sera restavo nel mio covo di Castel Volturno, dove mi trovavo benissimo, e di riflessioni ne sono venute fuori tante. Tutte non si possono dire. Qualcuna, sì, poi: piano piano, “doce doce”, come si dice a Napoli».

Ieri sera la finale di Champions l’ha guardata, con rimpianto forse...
«L’ho guardata perché amo il calcio. Poi sono molto amico di Guardiola, che ha insegnatoa tutti noi; sono amico dell’Inter, perché ho passato due anni bellissimi. Ma un po’ di rammarico ce l’ho avuto, perché con il Napoli ci si poteva arrivare, però bisognerebbe andare a vedere nei dettagli cosa è successo: devo dire che ci sono andate alcune cose di traverso, delle quali non eravamo neppure colpevoli. E allora, si accetta con tranquillità e si spera che il Napoli possa rifarlo...».

Nonostante abbia deciso di fermarsi, il suo nome viene accostato a club o a situazioni...
«Nel percorso di ognuno si arriva in fondo per vedere a che razza si appartiene: si capirà, quindi, se sono coerente oppure no. Io quest’anno non alleno e poi la prossima stagione mi chiederò se avrò dentro delle motivazioni che servono per andare a donare qualcosa di mio».

Napoli cerca un suo successore.
«Se non mi ci fa entrare in questo argomento è meglio, anche perché non saprei cosa dire. Il presidente ha dimostrato di saper scegliere allenatori eccellenti e dunque lasciamo fare a lui».

Tra i tanti nomi, c’è stato - fino all’altro ieri - quello di Vincenzo Italiano.
«Che poteva essere il profilo giusto per il Napoli. Ha la voglia di sbattersi, di fare la gara, di confrontarsi. Il suo calcio è fatto bene: a me piace Italiano».


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