Roma, l'incognita del fattore Zeta

Le strategie di mercato impattano sul destino del giocatore di maggior talento ma anche più problematico della compagnia giallorossa: Nicolò Zaniolo
Roma, l'incognita del fattore Zeta© Getty Images
Alessandro Barbano
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Tutto è molto chiaro e allo stesso tempo nebuloso sotto il cielo giallorosso. Si parte da una Conference Cup e da un sesto posto in campionato con l’obiettivo di superarsi. Vuol dire entrare nella lotta per lo scudetto o arrivare in fondo in Europa League. Facile a dirsi, ma si tratta di obiettivi per i quali la carica e il carisma di Mourinho potrebbero non essere sufficienti. Bisogna rafforzare una rosa che nella stagione passata ha ottenuto qualcosa in più di ciò che era lecito attendersi. E non è scontato che possa ripetersi. 

Come scriviamo da giorni, nei programmi dei Friedkin c’è un grande colpo e due buoni giocatori. A centrocampo è uscito Mkhitaryan ed è entrato Matic. Il saldo non è calcolabile, perché sono atleti diversi. Il primo è stato per la Roma, insieme con Pellegrini, la possibilità di giocare tra le linee, trasformando una manovra altrimenti monocorde in qualcosa di meno prevedibile. Il gigante serbo consolida l’interdizione della mediana, fortifica il gioco aereo, ma non aumenta la velocità, né surroga la fantasia dell’armeno.

L’arrivo di Celik rafforzerebbe le fasce, dove il recupero di Spinazzola equivale già a un acquisto importante. Nel gioco di Mourinho due esterni capaci di incursioni e abili nell’uno contro uno possono rappresentare un’arma letale. Tuttavia è chiaro che il grande investimento la Roma lo farà sulla tre-quarti, essendosi garantita sulla mediana. Ma è proprio in questa parte del campo che le strategie di mercato impattano su quello che definiremo il fattore Zeta, cioè il destino del giocatore di maggior talento ma anche più problematico della compagnia giallorossa: Nicolò Zaniolo

Dopo una stagione altalenante il fantasista si è congedato dal tecnico portoghese regalandogli la soddisfazione della Coppa, con un gol frutto del suo talento. Ma due incognite pesano sul futuro. La prima riguarda la trasformazione atletica subita in seguito al doppio infortunio: Zaniolo oggi è più potente ma meno agile, meno adatto alle sgroppate sulle fasce che nella prima parte della sua carriera lo avvicinavano all’incontenibilità di un Leao, e più utile nel ruolo di seconda punta. Il che non è un difetto, poiché l’accoppiata con Abraham è una delle opzioni praticabili anche nella prossima stagione. 

La seconda incognita è invece caratteriale: al netto della pressione mediatica che non agevola la serenità del talento giallorosso, è certo che la sua inquietudine si è strutturata come una componente della personalità non facilmente gestibile. Lo stesso Mourinho, che pure nella prima parte della stagione lo ha accolto sotto la sua ala protettiva, e che nella seconda parte ha accettato qualche insubordinazione, è parso sul finale meno tollerante. Zaniolo sembra indirizzarsi verso l’approdo esistenziale di quelle personalità complesse, da prendere o lasciare per come sono. Il calcio non è un ambiente di norma capace di integrare profili così eccentrici. La casistica è piena di fallimenti, un po’ per l’indisponibilità di costoro a tenere a freno le proprie emozioni, un po’ per la reattività del sistema, che tende a espellere ciò che non si conforma. Accadrà così anche tra la Roma e Zaniolo?

Dipenderà da due circostanze. La prima riguarda eventuali offerte vantaggiose, che ancora non si sono concretizzate. Al netto di qualche interessamento del Milan, nessuno ha fatto un’offerta che potrebbe essere considerata credibile. La Roma pretende per Zaniolo cinquanta milioni, una cifra che pochi sarebbero disposti a pagare, per le stesse ragioni che inducono la società giallorossa a valutare il divorzio. La seconda circostanza riguarda la volontà del calciatore. Che a Roma resterebbe, ma pretende un’integrazione contrattuale che lo avvicini agli stipendi stop di Pellegrini e Abraham: vuol dire passare da tre a quattro milioni e mezzo.

In queste condizioni Zaniolo è la vera scommessa del mercato giallorosso: cederlo potrebbe significare rinunciare al maggior talento di cui si dispone, ma tenerlo è altrettanto rischioso. Anche perché Nicolò è a suo modo un leader, dargli una maglia vuol dire costruire il gioco offensivo su di lui. In tal modo si può propiziare la sua compiuta maturazione come uno dei top player del campionato e della Nazionale. Ma anche rischiare il flop.

L’azzardo calcolato è un ossimoro che il calcio coltiva, mixando intuitività e insieme razionalità. Se fossimo Friedkin e Mourinho daremmo al talento ribelle un’altra occasione. Perché siamo convinti che le positività siano ancora maggiori delle negatività.

E cercheremmo sul mercato due pedine chiave: un centrale difensivo da affiancare a Smalling e Mancini, e un regista avanzato di grande qualità, capace di esaltare le doti offensive di Abraham e Zaniolo. Che insieme possono rappresentare uno degli attacchi più forti del campionato. Provare per credere.


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